giovedì 30 giugno 2016

Censimento in Bosnia, i dati principali secondo Radio Sarajevo

Questa mattina Radio Sarajevo ha pubblicato sul suo sito Web una serie di dati riguardanti l’esito del censimento svoltosi nel Paese balcanico nell’ottobre del 2013, e i cui risultati dovevano essere obbligatoriamente pubblicati entro oggi, se non si voleva rischiare di bruciare i 25 milioni di euro spesi quasi tre anni fa.
Secondo queste anticipazioni, in Bosnia Erzegovina il 50,11 per cento si dichiara appartenente al gruppo nazionale musulmano bosniaco, il 30,78 per cento a quello serbo-bosniaco e il 15,43 per cento a quello croato-bosniaco.
Alla domanda relativa a quale lingua pensino di parlare, però, i bosniaci-erzegovesi hanno dato risposte leggermente divergenti. Il 52,86 per cento della popolazione dice infatti di parlare il bosniaco, il 30,76 per cento il serbo e il 14,6 per cento il croato.
Nell’entità denominata Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH) ha dichiarato di parlare il bosniaco il 74,64 per cento dei cittadini mentre nell’altra entità, la Repubblica serba di Bosnia (Rs) ha detto di parlare il serbo l’82,48 di coloro che hanno risposto.

Numeri da pulizia etnica, che dimostrano una volta di più come nella guerra del 1992-1995 abbiano e abbiamo perso tutti.

mercoledì 29 giugno 2016

Slovenia, "non so se questa sia la guerra", di Franco Juri

Nel ripercorrere i giorni della guerra in Slovenia offriamo ai nostri lettori il ricordo tracciato da Franco Juri in “Ritorno a Las Hurdes. Guerre, amori, cicogne nere e istriani lontani”, in cui si chiede se questa sia davvero la guerra.

Non so se questa sia la guerra. Un aereo dell’Armata ha appena sorvolato la città, ma più che un’azione di guerra o di semplice ricognizione, mi ha ricordato i sorvoli pubblicitari a bassa quota che entusiasmavano noi bambini del “giardinetto”, pronti alla sfida di raccogliere il maggior numero di volantini colorati lanciati dal pilota.

GRANDE TOMBOLA! Partecipate e vincete una Zastava 750 e tanti altri ricchi premi. Domenica alle ore 16,00 presso il cinema estivo. Suoneranno i Kamaleoni e i Pickups. Non mancate!

La differenza questa volta stava nel testo:

Cittadini, il Consiglio esecutivo della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, ha ordinato all’Armata Popolare e alla polizia federale di assumere e mantenere, fino a nuovo ordine, il controllo dei valichi di frontiera internazionali per salvaguardare l’unità del Paese e la costituzionalità. Ci rivolgiamo a tutti voi affinché le autorità legali e legittime possano espletare i propri compiti senza alcun ostacolo. Rimanete tranquilli nelle vostre case o ai posti di lavoro. Ogni tentativo d’impedire quanto stabilito dalle autorità dello Stato verrà neutralizzato e severamente punito.

Dialoghi sul futuro, viaggio a Sarajevo: ultimi cinque posti disponibili

Dialoghi sul futuro
Incontri a Sarajevo con i cinque grandi gruppi della Bosnia Erzegovina

L’associazione Artidjane di Giavera del Montello, in collaborazione con il giornalista e scrittore Luca Leone, organizza un nuovo viaggio di contatto e di conoscenza in Bosnia Erzegovina.
Questa volta voliamo veramente alto e osiamo tanto. Andiamo a Sarajevo per entrare nel cuore multinazionale e multiculturale della città e della sua incredibile storia e architettura;  percorriamo le sue strade, i suoi ponti, la sua storia secolare. E incontriamo i rappresentanti dei cinque maggiori gruppi della Bosnia Erzegovina – in ordine di grandezza numerica: musulmani bosniaci, serbo-bosniaci, croato-bosniaci, rom, ebrei – per parlare di presente e di futuro, di dialogo sociale e interreligioso, di libertà di espressione e di culto, di nazionalismi e di democrazia.
Saremo non spettatori ma intervistatori attivi e incontreremo i rappresentanti dei cinque gruppi a casa loro, del cuore della loro appartenenza, mettendo a confronti gli uni con altri e noi con ciascuno di loro.
Al termine di questo viaggio – che man mano si arricchirà di ulteriori incontri e suggestioni – potrebbe prendere vita qualcosa di più di semplici appunti e ricordi.
Partiremo da Giavera del Montello la mattina di mercoledì 28 settembre e ripartiremo da Sarajevo domenica 2 ottobre.
Sono rimasti solo cinque posti a disposizione; per prenotare preghiamo di fare riferimento al volantino  che potete scaricare.

Nel Caucaso, da Grozny a Beslan

La Russia di Eltsin, e ancor di più quella dello “zar” Putin, ha mostrato la sua vera faccia nel Caucaso. Nei due conflitti ceceni, tra il 1994 e il 2003, il Cremlino ha mostrato il peggio di sé. Le ritorsioni russe si sono scaraventate addosso alla povera gente, facendo passare chiunque non fosse schierato con la Russia come “pericoloso terrorista”. Quando i terroristi assaltano la scuola numero 1 di Beslan, in Ossezia del Nord, il 1° settembre 2004, Putin usa la mano dura. Nessuna trattativa, muoiono 334 persone, in maggioranza bambini. La strage di innocenti passa sui media come un “attentato terroristico”. Ma la maggior parte delle vittime è morta colpita da proiettili russi. Morti e scomparsi a Beslan, a Grozny, ovunque. Come Giorgji. Di lui si sono perse le tracce il 4 settembre 2004, dopo il blitz delle teste di cuoio russe. Papà Tamerlan e suo fratello Alexandar aspettano ancora che lui bussi alla porta di casa…
Nel Caucaso da Grozny a Beslan. Reportage dalla provincia dell’impero russo è il nuovo libro di Pierfrancesco Curzi che parla di tutto questo.
La verità è la più difficile delle narrazioni: e da buon cronista di strada Pierfrancesco ce la racconta, in prima persona e senza filtri. Semplicemente, così com’è, così come deve essere e così come dobbiamo leggerla per farla anche nostra”. (Massimo Bonfatti)

martedì 28 giugno 2016

28 giugno, una data simbolo nella storia jugoslava

Il 28 giugno, giorno in cui si festeggia San Vito o Vivovdan, è una data simbolica nella storia della Jugoslavia e dei Balcani. Ripercorriamo questa giornata negli ultimi settant’anni di storia insieme a Bruno Maran e al suo preziosissimo libro dal titolo Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti che ripercorre gli ultimi decenni della storia jugoslava, anno per anno, giorno per giorno.
Il 28 giugno del 1948 si segnala per la rottura tra Jugoslavia e Urss, decisa e voluta da Stalin. Il Cominform o Bureau d’Information dichiara che il Partito jugoslavo sta perseguendo una politica ostile verso l’Unione Sovietica. Il Cominform denuncia l’atteggiamento anti-sovietico dei capi del Partito comunista jugoslavo come incompatibile col marxismo-leninismo. Il Bureau pensa che nel Partito non esiste democrazia interna né eleggibilità degli organi interni, né autocritica. Il Partito jugoslavo ha preso la strada di scindersi dal Fronte unito socialista contro l’imperialismo, assumendo una posizione nazionalista. I capi jugoslavi respingono i consigli dei partiti comunisti fratelli di discutere la situazione all’interno del Cominform.
Arriviamo agli anni ’80, più precisamente tra il 26 e il 29 giugno del 1982. A Belgrado si tiene il XII Congresso della Lega dei comunisti, detto “dell’unità e della continuità”. Oltre alle retoriche lodi a Tito e a Kardelj, si odono parole dure e conflittuali tra le correnti. A quella centralista, rappresentata da Serbia e Montenegro; a quella autonomista dei difensori della Costituzione si aggiungono quella dei conservatori e dei liberali. Il rapporto di forze quasi bilanciato permette un compromesso in direzione del “centralismo democratico”.

lunedì 27 giugno 2016

La guerra dei dieci giorni in Slovenia

26 giugno 1991 – Si accende la “Guerra dei dieci giorni”. La Jna decide d’intervenire in Slovenia per preservare l’unità nazionale, di cui è depositaria. Alle 7,20, con un telegramma del generale sloveno Kolšek, lo Stato maggiore jugoslavo lancia l’Operazione Baluardo per restaurare l’ordine e riprendere il controllo dei posti di frontiera con Austria e Italia. L’Armata popolare o Armata federale rappresenta una specie di settima repubblica, il 96% degli ufficiali aderisce alla Lega dei comunisti, status necessario per ambire al grado superiore a quello di tenente. Alcune unità lasciano le caserme di Fiume per dirigersi verso il confine sloveno-italiano. I vertici dell’Armata mobilitano truppe e carri armati anche da Karlovac e da altre zone della Croazia, nella convinzione che una guerra-lampo possa risolvere la questione. Molti ufficiali sloveni si rifiutano di eseguire gli ordini impartiti da Belgrado e sono destituiti. I movimenti di mezzi provocano una forte reazione degli sloveni, che organizzano barricate e dimostrazioni contro le azioni della Jna. Non ci sono combattimenti, sembra che entrambe le parti adottino la politica di non essere i primi ad aprire il fuoco.
Il governo federale da Belgrado denuncia l’azione illegale delle repubbliche secessioniste e che non avrà nessun seguito perché la Jna assicurerà le frontiere interne ed esterne del Paese. Il governo sloveno mette in atto il piano per assumere il controllo delle dogane e prendere l’aeroporto internazionale di Brnik. Il personale ai posti di confine è già composto nella maggior parte dei casi da sloveni e l’occupazione è molto semplice, risolvendosi in un cambio di uniformi e di cartelli.
Mentre tutta l’attenzione è puntata sulla Slovenia, četnici serbi attaccano la stazione di polizia di Glina, nella Banjia croata, a sud di Zagabria. Prima che i croati possano abbozzare un contrattacco si muovono da Petrinja i carri armati federali e creano un cuscinetto attorno a Glina col pretesto di prevenire nuovi scontri. Una bandiera bianco-rossa croata continua a sventolare sul commissariato, quella bandiera per i serbi è un simbolo ustaša. L’odio dei serbi in quella zona è forte, a Glina, durante la seconda guerra mondiale vi è stato il massacro di centinaia di serbi prima convertiti a forza, poi sgozzati sul sagrato della chiesa dagli ustaša: la carneficina deve essere vendicata, anche se sono passati cinquant’anni.
27 giugno 1991 – Una colonna di blindati federali esce dalla caserma di Vrhnica, 15 chilometri da Lubiana, dirigendosi verso l’aeroporto di Brnik. Unità della Jna lasciano Maribor dirette verso il vicino posto di confine di Šentilj e la città di Dravograd. Il comando della V Regione militare è in contatto telefonico con il presidente sloveno Kučan, informandolo che la missione delle truppe è limitata a occupare i posti di dogana e l’aeroporto. In una riunione di emergenza della presidenza slovena, Kučan e il resto dei membri optano per la resistenza armata. Iniziano gli scontri tra l’Armata popolare e la Difesa territoriale slovena, la Teritorialna obramba (To), erede dell’esercito parallelo voluto da Tito dopo l’invasione sovietica di Praga. A Lubiana entra in vigore il coprifuoco. È battaglia all’aeroporto di Brnik, nei pressi di Lubiana, dove si registra l’abbattimento di due elicotteri federali. Uno dei piloti morti è sloveno.

venerdì 24 giugno 2016

25 giugno del 1991, Croazia e Slovenia si proclamano indipendenti

25 anni fa la Slovenia e Croazia proclamavano la propria indipendenza dal­la Federazione jugoslava, ricorda il nostro autore Bruno Maran in Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. A Lubiana, il 25 giugno del 1991, l’esecutivo approva gli atti costitutivi dell’indipendenza, ordinando il controllo dei passaggi di frontiera con Italia, Austria e Ungheria, sostituendo i simboli federali con quelli nazionali. A Zagabria, i deputati si limitano a una dichiarazione formale, mentre i membri serbi abbandonano l’aula in segno di protesta.
Il Parlamento federale di Belgrado, assenti i membri croati e sloveni, dichiara illegittime le proclamazioni d’indipendenza.Notizie incontrollate, come quella del bombardamento di Lubiana, campeggiano sulle prime pagine dei giornali; nessuno si preoccupa di smentirle, benché false. Anni dopo, l’allora ministro degli Esteri italiano De Michelis rivela, sulla rivista LiMes e in vari dibattiti pubblici, che la campagna di disinformazione era stata pianificata da ambienti filo-sloveni, ma continuerà a essere reticente sui nomi.
Un gruppo di serbi della Slavonia orientale, Baranja e Srem organizza un congresso, Elika narodna skupština Slavonije Baranje i Zapadnog Srema, al termine del quale decide di costituire un’altra regione autonoma serba con l’intenzione di mantenere l’unità con la Jugoslavia. Hadžić è candidato a guidare questa nuova regione autonoma.
Per saperne di più consigliamo la lettura di Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti che ripercorre gli ultimi decenni della storia jugoslava, anno per anno, giorno per giorno.

mercoledì 22 giugno 2016

Kanita-Ita Fočak, quando una sorella di Sarajevo diventa Cavaliere della Repubblica


C’è un Paese, l’Italia, che a volte sa riconoscere i meriti veri delle persone vere. Questo è uno di quei rari casi. Pochi giorni fa, infatti, la Repubblica italiana ha conferito l’onorificenza di Cavaliere all’architetto bosniaco Kanita-Ita Blazević per i grandi servigi resi allo Stato italiano e a molteplici cittadini del nostro Paese – incluso chi scrive – nella sua ormai venticinquennale carriera di interprete, mediatrice culturale, traduttrice giurata. E, aggiungerei, donna colta, raffinata e gentile, professionista ineccepibile, essere umano raro.
Per qualcuno potrà esserci una domanda lì appesa: Blazević? Mai sentita… Giusto. Chiunque conosca Sarajevo e la Bosnia conosce infatti la nostra amica con il cognome da sposata. Dunque, Kanita-Ita Fočak, per quanto il suo nome da nubile fosse, semplicemente, Ita Blazević. La maggior parte la riconoscerà nelle foto che pubblico a corredare questo breve post.
Sono appena rientrato da una trasferta di lavoro in una località che al momento preferisco mantenere riservata. Il Paese è la Bosnia Erzegovina. La traduttrice-interprete-amica al mio fianco era, una volta di più, Kanita. Come sempre, preziosissima e unica.
La richiesta di conferire l’onorificenza a Kanita è partita dal comandante della missione italiana della Eupm. A corredo della richiesta, motivatissima, tante lettere, attestati di riconoscenza, documenti.

Complimenti Kanita e grazie per i servigi che hai reso e rendi non solo all’Italia e a ogni singolo italiano, ma all’intera umanità da quel luogo di sogno e di dolore che si chiama Sarajevo. Che questa onorificenza ti porti la soddisfazione che meriti e ti permetta di portare con te, una volta di più e per sempre, tutta la nostra riconoscenza, stima e ammirazione.

lunedì 20 giugno 2016

Giornata mondiale del rifugiato 2016 – Lungo la rotta balcanica

Si celebra il 20 giugno la Giornata mondiale del Rifugiato, promossa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr). Numeri impressionanti sono riportati nel rapporto stilato dall’Unhcr relativi allo scorso anno: 65,3 milioni di rifugiati, una persona su 113 costretta alla fuga nel mondo. Le migrazioni forzate hanno toccato livelli mai raggiunti: guerre e persecuzioni costringono sempre più individui alla fuga. Secondo i dati dell’Unhcr e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), riportati nel reportage di prossima uscita  dal titolo Lungola rotta balcanica. Viaggio nella Storia dell’Umanità del nostro tempo, di Anna Clementi e Diego Saccora, lo scorso anno hanno attraversato il Mediterraneo oltre un milione di persone (aggiungendo almeno 3.735 morti/dispersi in mare). Di questo flusso di uomini, donne e bambini, 850.000 sono sbarcati in Grecia e circa 150.000 in Italia. Nel dicembre del 2015 una media di oltre duemila persone è transitata quotidianamente attraverso i Paesi della rotta balca­nica (Macedonia, Serbia, Croazia e Slovenia): la maggior parte era costituita da donne e da bambini. Un dato allarmante riguarda i minori stranieri non accompagnati: secondo l’Ufficio di polizia euro­peo, l’Europol, diecimila minori non accompagnati entrati in Europa nel 2015 sono scomparsi dopo il loro arrivo. Con molta probabilità, segnala l’Europol, molti sono finiti nelle mani di una rete internazionale di trafficanti.

giovedì 16 giugno 2016

Le condivisioni mancate di Marco: le estreme conseguenze del cyberbullismo

Il bullismo e cyberbullismo sono forme di prevaricazione ai danni dei giovani, specialmente i più sensibili e introversi, che si alimentano con le logiche di sopraffazione del branco. Abbiamo scelto una delle storie raccontate da Luciano Garofano e Lorenzo Puglisi nel libro, appena arrivato in libreria e con il patrocinio di Pepita onlus, dal titolo La prepotenza invisibile, per far luce su questi fenomeni in modo da contrastarli con l’arma più efficace, la consapevolezza.

Marco (nome di fantasia per rispettare la privacy dei familiari) era un diciassettenne di un popoloso paese dell’area metropolitana di Napoli e, come ci racconta la madre, è sempre stato un bambino tranquillo, forse un po’ timido, ma sempre generoso e pronto a dare una mano in famiglia, titolare di una piccola attività commerciale e, solo recentemente, di un campetto sportivo che veniva affittato per le partite di calcio. (…) A scuola non ha mai dato problemi, raggiungeva tranquillamente la sufficienza, ma viveva le scuole superiori con molte difficoltà: torna­va a casa spesso nervoso e sebbene avesse qualche amico, non era solito frequentarli con continuità. Quando a casa provavano a chiedergli se ci fossero dei problemi, alzava le spalle e non rispondeva. Solo al fratello maggiore, cui era molto legato, aveva confidato d’essere preso in giro da alcuni compagni, ma sembrava non dare grande importanza alla cosa.

mercoledì 15 giugno 2016

Ospedali psichiatrici giudiziari, chiude la struttura di Aversa

Dopo le chiusure degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) di Napoli Secondigliano e di Reggio Emilia arriva la chiusura anche per quello di Aversa. Un risultato importante, reso possibile anche grazie al lavoro svolto dal Commissario per il superamento degli Opg Franco Corleone.
Ora restano da chiudere i vecchi manicomi giudiziari di Barcellona Pozzo di Gotto e di Montelupo Fiorentino, dove restano poco più di sessanta persone internate. Ma anche la soluzione di Castiglione delle Stiviere va radicalmente rivista, perché l’Opg ha solo cambiato targa diventando una mega Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) con oltre duecento internati, sottolinea una nota del Comitato StopOpg.
StopOpg chiede al Governo provvedimenti urgenti per fermare gli ingressi nelle Rems di persone con misura di sicurezza provvisoria: si tratta di un fenomeno preoccupante che ha rallentato la chiusura degli Opg e ha fortemente alimentato l’idea che l’alternativa alla loro chiusura fossero solo le Rems, quando invece la legge sulla chiusura degli opg ha stabilito che devono essere le misure alternative alla detenzione la norma e la detenzione in Rems l’extrema ratio.
Ecco perché la vera sfida, conclude la nota del Comitato StopOpg, è costruire l’alternativa alla logica manicomiale. Ciò è possibile investendo decisamente sul potenziamento e la riqualificazione dei servizi socio sanitari e di salute mentale del territorio, spesso in gravi difficoltà e con carenze: per garantire il diritto alla salute mentale e alle cure per tutti i cittadini, comprese finalmente anche le persone sinora internate nei manicomi giudiziari.
Per chi volesse approfondire questa tematica segnaliamo l’ottimo lavoro di Angelo Lallo dal titolo Mala Dies. L'inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle istituzioni totali in Italia

martedì 7 giugno 2016

In Marocco la più grande centrale fotovoltaica del mondo

580 megawatt: è questa la potenza che dalla fine del 2016 o al massimo dall’inizio del 2017 potrà essere prodotta dal gigantesco impianto fotovoltaico che il governo marocchino sta facendo costruire ai bordi del deserto del Sahara, fuori dalla splendida città turistica di Ouarzazate. Quando sarà completato, l’impianto sarà esteso per decine di ettari, all'incirca quanto la città marocchina di Rabat, e sarà uno dei pochi manufatti umani perfettamente visibili dallo spazio.
Al momento la centrale già produce circa 160 megawatt e a regime potrà fornire oltre il triplo di elettricità, con un risparmio energetico e ambientale immenso. Basti pensare che al momento il Marocco è dipendente dalle importazioni di combustibili fossili per il 97 per cento della produzione di energia. Ebbene, quando l’impianto andrà a regime, l’anno prossimo, il Marocco potrà auto-produrre il 41 per cento del proprio fabbisogno energetico, arrivando a produrne il 53 per cento entro il 2030.
Il costo dell’intera operazione è di soli 9 miliardi di dollari, con un impatto ambientale pressoché nullo.
Questo è il futuro. È vero che il Marocco nella zona sahariana ha un’insolazione circa tre volte maggiore rispetto all’insolazione media italiana (circa 3.000 ore l'anno contro circa 1.000 ore in Italia), ma anche il nostro Paese potrebbe produrre centinaia di megawatt con un impatto ambientale immensamente più basso rispetto a quello derivante dall’uso di combustibili fossili, se solo questo punto fosse nella scadente agenda delle nostre scadenti forze politiche.

domenica 5 giugno 2016

5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente

Il 5 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente (World Environment Day), istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a partire dal 1975. Quest’anno lo slogan è Liberate il vostro istinto selvaggio per proteggere la vita”. Una sorta di grido di guerra, in senso positivo, se il nemico è tutto ciò che minaccia la salute dell’ambiente. In questo caso il riferimento al selvaggio manifesta la volontà di sottoporre all’attenzione del mondo intero il problema del commercio illecito delle specie selvatiche.
Il Paese ospitante e protagonista di quest’anno è l’Angola. Chi ha visitato Expo Milano 2015 forse ricorda che era uno dei due Paesi dell’Africa presente sul decumano con un proprio padiglione, e all’interno grande spazio per la natura e una particolare attenzione al ruolo della donne, protagoniste di un dialogo positivo e portatrici di valori solidali e sostenibili.
Per saperne di più consigliamo la lettura del libro di Andrea Merusi “La sfida di oggi”.

giovedì 2 giugno 2016

Ci vediamo in giro per il mondo: Ritmi e danze dal mondo, 2-5 giugno a Giavera del Montello (Tv)

Uomini, donne e giovani dai cinque continenti, una straordinaria occasione di incontro e scambio con più di 40 associazioni, comunità di migranti, volontari italiani e università del territorio. Questo è il cuore di Ritmi e danze dal mondo, festival multiculturale che si tiene a Giavera del Montello dal 2 al 5 giugno. La manifestazione si svolge all’interno del parco di villa Wassermann, un bellissimo angolo verde inserito nella via più storica di Giavera del Montello, che rappresenta il cuore del festival capace di riservare sorprese e stupore a ogni sguardo, per lo spazio plurale, aperto, ricco di saperi e valori, presenti nel nostro territorio.
Infinito edizioni partecipa alla 21° edizione di Ritmi e danze dal mondo con un proprio spazio: l'angolo balcanico. Veniteci a trovare, è un’ottima occasione per conoscerci!
In più, questa sera alle 21,00, nella splendida cornice di villa Wassermann, avrò il piacere di moderare un incontro sulla rotta balcanica con i colleghi Marco Angelucci (Corriere dell'Alto Adige/Corriere della Sera), Agnese Franceschini (Radio pubblica tedesca di lingua italiana/WRFE), Stefano Lusa e Barbara Costamagna (Radio Capodistria). Vi aspettiamo!

2 giugno, Festa della Repubblica, 70 anni di voto alle donne

La Festa della Repubblica italiana è la festa nazionale che si celebra ogni 2 giugno. In questa data si ricorda il referendum istituzionale indetto a suffragio universale il 2 e il 3 giugno 1946 con il quale gli italiani, uomini e donne per la prima volta, sono stati chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo, monarchia o repubblica, dare al Paese, in seguito alla caduta del fascismo. Dopo 85 anni di regno, con 12.718.641 voti contro 10.718.502 l'Italia diventava una repubblica e i monarchi di casa Savoia andavano in esilio.
Il 2 giugno celebra la nascita della nazione, in maniera simile al 14 luglio francese e al 4 luglio statunitense.
In tutto il mondo le ambasciate italiane festeggiano la ricorrenza invitando i Capi di Stato del Paese ospitante; da tutto il mondo arrivano al Presidente della Repubblica italiana gli auguri degli altri capi di Stato e speciali cerimonie ufficiali si tengono in Italia.
La festa del 2 giugno era stata abrogata con la legge 5 marzo 1977, n.54 ma è stata reintrodotta nel 2001 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Nel giugno del 1948 per la prima volta si è tenuta a Via dei Fori Imperiali a Roma la parata militare in onore della Repubblica. L'anno seguente, con l'ingresso dell'Italia nella NATO, se ne svolsero dieci in contemporanea in tutto il Paese mentre nel 1950 la parata fu inserita per la prima volta nel protocollo delle celebrazioni ufficiali.

mercoledì 1 giugno 2016

Tiro con l’arco, la Torre di Formigine continua a crescere e a mietere vittorie

La squadra di arcieri di Formigine, la Compagnia degli arcieri e balestrieri della Torre, continua a stupire. Per almeno due ordini di ragioni. Ricorderete le cronache del settembre del 2015, quando Graziano Torricelli, campione d’Italia 3D categoria arco nudo e uno dei simboli della compagnia, fu convocato in Nazionale e giunse decimo – risultato eccezionale – ai Mondiali che si svolsero in Umbria, nello scenario mozzafiato della Cascata delle Marmore. Da allora sono successe molte cose nella Compagnia.
Ed ecco, per l’appunto, i due ordini di ragioni. Il primo è che nel frattempo la squadra si è rafforzata con l’arrivo di altri grandi campioni – per tutti, citiamo i grandi compoundisti Andrea Muzzioli e Marco Golfieri, e il già campione italiano di arco nudo Giovanni Chiossi – e ormai si è trasformata in una sorta di dream team emiliano. La seconda è che i risultati conseguiti fin qui, nel 2016, sono stati straordinari. Oltre alla messe di medaglie di ogni metallo raccolte in occasione dei Campionati regionali indoor dell’Emilia Romagna nel 2016 (sia arco nudo che compound) e al terzo posto conquistato da Torricelli in mixed team con Virginia Giuncato nel Challenge di Rimini, vero e proprio mondiale a squadre per arcieri (forse addirittura in procinto d’entrare nel giro del Grand Prix mondiale di tiro con l’arco), la stagione all’aperto è cominciata con una serie di affermazioni che portano non solo il nome di Torricelli, Muzzioli, Golfieri e Chiossi, ma anche di fortissimi talenti

Stragi di migranti: percorsi legali e sicuri per fermare la fossa comune nel Mediterraneo

I dati sono terribili e vanno ricordati. Dal 1° gennaio al 31 maggio del 2016 sono morte nel Mar Mediterraneo almeno 2.500 persone e nel solo mese di maggio ne sono state salvate circa 10.000. Sono decine di migliaia le vittime negli ultimi vent'anni e c'è ancora chi, di fronte a questa evidenza e al peso schiacciante dei numeri, ha il coraggio di parlare di "emergenza". Quale emergenza dura vent'anni? Solo un'emergenza che nessuno ha voluto affrontare e risolvere con i mezzi giusti.
Ottima la proposta di Amnesty International per provare a mettere fine a questa tragedia senza fine.
Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Stipate all’inverosimile su barche inadatte alla navigazione, incentivate dall’abbassamento dei prezzi dell’imbarco e costrette a imbarcarsi il prima possibile dalla violenza, dalle torture e dagli stupri che subiscono in Libia, decine di migliaia di persone sono partite e sono destinate a continuare a partire verso l’Italia. Molte di esse sono, purtroppo, anche destinate a morire”.
“Di fronte a questa situazione, le pur encomiabili operazioni di ricerca e soccorso in mare, svolte da vascelli militari e civili così come da navi di organizzazioni non governative - che hanno salvato da morte certa oltre 10.000 persone nel mese di maggio - non possono essere la soluzione di lungo periodo” - ha sottolineato Gianni Rufini. “I paesi di origine delle persone che hanno preso il largo dalla Libia e anche dall’Egitto lasciano intendere che si tratti, in molti casi, di richiedenti asilo in fuga dalla persecuzione, dalla guerra e dal terrore di governi e di gruppi armati, provenienti da Eritrea, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Nigeria.”
“Anziché proporre piani per finanziare Paesi in cui la situazione dei diritti umani è pessima - piani destinati a prevenire le partenze senza risolvere i motivi di fuga - o ipotizzare interventi militari per “stabilizzare” la Libia – anche in questo caso, con l’obiettivo non dichiarato ma palese di fermare le partenze – i paesi dell’Unione europea dovrebbero concentrare i loro sforzi e investire tutte le risorse necessarie nell’organizzazione di percorsi legali e sicuri per i richiedenti asilo” – ha ammonito Gianni Rufini.
“Quanti altri morti in mare saranno necessari prima che l’Unione europea si renderà finalmente conto di quanto irresponsabile, cinico e contrario a ogni esigenza di sicurezza sia stata la politica di negare quei percorsi legali e sicuri per mettere il destino e la vita di uomini, donne, bambini e neonati nelle mani della criminalità organizzata?” - ha concluso Rufini.

Idee da sposare e da mettere in pratica, avendo sempre davanti agli occhi quelle immagini spaventose di lunghe scie di corpi senza vita riversi in mare. Tutti morti che ricadono non solo sulla coscienza dei nostri politici, ma anche direttamente o indirettamente di tutti noi.