giovedì 1 dicembre 2016

Sugli outing referendari in vista del 4 dicembre

Aspetto con ansia il 5 dicembre. Quel giorno – ritardatari a parte – dovrebbero essere finiti gli outing referendari che da settembre vedono schieramenti del sì contrapposti a schieramenti del no, con immense cacofonie internettiane. La rete sa amplificare l’ignoranza del popolo italiano e trasformare una grande chance di comunicazione e di confronto democratico in un festival dell’offesa gratuita e del muro contro muro. Perché questa incapacità ad accettare il punto di vista dell’altro? Perché questo dover per forza essere omologati, a ogni costo? Poco fa, l’ultimo esempio: un sobrio personaggio dello spettacolo esprime il suo voto pubblicamente e la prima reazione è un: “Da te proprio non te l’aspettavo, non saremo mai più amici su Facebook”. Questo, dunque, siamo diventati? O ci hanno fatto diventare? Individui rigidi, imbalsamati, chiusi in un recinto che è poi quello della costante autodifesa?
Io non farò alcun outing referendario, benché persone continuino a chiedermi di farlo, inclusa una studentessa nell’ultimo incontro pubblico avuto in una scuola, lo scorso sabato.
Non faccio outing perché non ne ho voglia e perché ne ho il diritto. E non lo faccio perché ho anche un dovere professionale: chi fa il mio mestiere non dovrebbe schierarsi per un padrone politico o per l’altro, ma dovrebbe limitarsi a mettere a disposizione dei lettori e degli ascoltatori elementi utili a farsi una propria idea. Poi, in privato, dovrebbe difendere i valori e i principi della Costituzione. Come dovrebbero fare tutti. Sarebbe ora di farla finita coi giornalisti spudoratamente schierati e sarebbe il caso che la professione giornalistica cominci a rimboccarsi le maniche per recuperare quella obiettività, quella oggettività e quell’opportuno distacco che costituiscono parte dell’etica professionale e dei doveri deontologici della categoria. Chi la pensa diversamente ha il diritto di farlo, esattamente come chi voterà sì o chi voterà no al referendum. Punto.
Due cose, secondo me, sono importanti in riferimento al voto referendario del 4 dicembre:
1. prendere la Costituzione e confrontarne il testo con quello modificato qualora dovesse vincere il sì: quale ci convince di più e da quale ci sentiamo più protetti e rappresentati?
2. a quel punto, consapevoli e informati, e senza mediatori e banditori televisivi a importunarci, prendere la tessera elettorale e recarsi al seggio per svolgere il proprio diritto-dovere di cittadini.
Che vinca il no o il sì, il 4 dicembre sarebbe bello che una valanga di schede sommergesse i politicanti di tutti gli schieramenti, facendo capire loro che i cittadini italiani non abdicano e non rinunciano al loro diritto-dovere costituzionale e hanno capito quale sia la vera, grande forza dello strumento referendario.
E speriamo che dal 5 gli outing cessino e tutto sia resettato per ricominciare, possibilmente con più rispetto reciproco di quanto se ne sia visto, dolorosamente, negli ultimi mesi.