giovedì 15 dicembre 2016

La Bosnia, l’Isis e i fronti siriano e iracheno

Sono al momento 115 i cittadini bosniaco-erzegovesi attivi sui fronti siriano e iracheno sotto le insegne dello Stato islamico. È quanto, secondo l’agenzia Fena, ha dichiarato ieri in Parlamento, a Sarajevo, il ministro della Difesa Dragan Mektić, aggiungendo che di quei cittadini la Bosnia conosce “nomi e cognomi” e che a oggi un totale di 226 cittadini bosniaco-erzegovesi con più di 18 anni d’età avrebbe combattuto sotto le insegne dell’Isis in Siria o in Iraq. Relativamente ai 115 al momento impegnati sui campi di battaglia, si tratterebbe, secondo quanto dichiarato da Mektić, di 65 uomini e di 50 donne, con le quali si sarebbero spostati anche 57 bambini. Al momento, secondo i dati resi noti dal ministro bosniaco, oltre ai 115 impegnati in guerra, 65 cittadini bosniaci avrebbero perso la vita sui campi di battaglia combattendo per lo Stato islamico mentre altri 46 sarebbero tornati in patria. Di questi, venti sono stati arrestati e condannati a pene detentive mentre per i restanti 26 sono in corso procedimenti giudiziari. All’inizio della settimana, inoltre, la Procura nazionale bosniaca ha emesso mandato di cattura internazionale nei confronti di 36 cittadini bosniaci per affiliazione allo Stato islamico.
Per chi dipinge la Bosnia come il luogo per antonomasia, oggi, dell’estremismo islamico, parlano i dati diffusi da Europol, secondo i quali negli ultimi anni sarebbero partiti dai Paesi dell’Unione europea circa 5.000 jihadisti, il 75 per cento dei quali da quattro Stati: Gran Bretagna, Francia, Germania e Belgio. Di costoro, sarebbero tornati a casa un numero compreso tra le 1.500 e le 1.800 unità, in particolare in Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Svezia. I numeri più alti di affiliati europei allo Stato islamico arrestati dalla polizia si registra a oggi in Francia (424), Spagna (187) e Gran Bretagna (134).