lunedì 26 settembre 2016

Referendum in Republika Srpska, l’inevitabile plebiscito per una farsa da almeno 700.000 euro

In attesa dei risultati definitivi del contestato referendum svoltosi ieri nella Repubblica serba di Bosnia (Rs), durante una festa svoltasi a Pale – capitale della Rs durante la guerra d’aggressione alla Bosnia Erzegovina nel 1992-1995 – un raggiante Milorad Dodik ha dichiarato davanti a un migliaio di cittadini festanti sotto le bandiere, che “oggi abbiamo scritto una nuova pagina della nostra gloriosa storia e abbiamo dimostrato d’essere un popolo che combatte per le libertà e per i diritti della Repubblica. Sono orgoglioso del popolo della Rs, orgoglioso di tutti coloro che hanno votato. Tutti i serbi che non sono venuti a votare al referendum dovrebbero vergognarsi”. Nessuna vergogna provano invece Dodik e gli altri estremisti per aver scelto come data fondativa della loro Repubblica – che altro non è se non un’unità amministrativa in uno Stato sovrano, ovvero la Bosnia Erzegovina – quel 9 gennaio 1992 che può essere considerata la data d’inizio di una mattanza di esseri umani durata per quasi quattro anni (per quanto, con molta approssimazione, lo scoppio della guerra venga fatto risalire all’inizio di aprile del 1992, quando a Sarajevo si registrarono le prime due vittime).
Al momento è dato sapere che l’affluenza alle urne sarebbe stata intorno al 51% degli aventi diritto e che il primo 30% circa di schede scrutinate avrebbe visto affermarsi i “sì” al 99,8%. Il plebiscito desiderato, dunque, espresso da una maggioranza di poco assoluta del popolo serbo-bosniaco, che non basterà probabilmente a puntellare a lungo il trono del milionario Dodik, padre padrone della Rs al momento abbandonato anche dalla Serbia e sostenuto nel suo sforzo distruttore della Bosnia Erzegovina dalla sola Russia. Un plebiscito costato almeno 700.000 euro, che sono oro in un’Entità, la Rs, in cui buona parte della popolazione non ha lavoro e vive in condizioni alloggiative e sanitarie quanto meno complicate.
Intanto, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa serba Tanjug,il giudice bosniaco della Corte Europea per i Diritti Umani, Faris Vehabovic, avrebbe dichiarato che dopo il referendum nella Rs l’Ufficio del Procuratore nazionale a Sarajevo dovrà intraprendere un’azione legale contro coloro che hanno violato la Costituzione convocando il referendum, che la Corte costituzionale bosniaca aveva precedentemente dichiarato incostituzionale. La speranza è che le schermaglie si fermino solo ed esclusivamente alle iniziative legali e diplomatiche e che tutti lavorino per ridurre la tensione, che si avverte oggi forte, e ancor più forte in luoghi come Srebrenica.