venerdì 7 agosto 2015

Bosnia, l’Alto rappresentante Inzko boccia il referendum di Dodik

Secondo l’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina, il diplomatico austriaco di origini slovene Valentin Inzko, il referendum proclamato dal presidente dell’Entità amministrativa della Repubblica serba di Bosnia (Rs), Milorad Dodik, per sottrarre la Rs alla magistratura centrale bosniaca, viola gli Accordi di Dayton, che nel novembre 1995 misero fine alla guerra in Bosnia Erzegovina e che contengono la Costituzione della ex repubblica jugoslava.
“Da vent’anni siamo testimoni di contestazioni degli Accordi di pace di Dayton – ha detto, tra l’altro, Inzko in una conferenza stampa tenutasi a Sarajevo – mentre invece dovremmo investire tutti gli sforzi nella costruzione di un futuro migliore per i cittadini della Bosnia Erzegovina”.
Il referendum convocato da Dodik, e approvato dal parlamento della Rs nonostante le proteste dell’opposizione, è il primo passo nei progetti del padre-padrone dell’Entità a maggioranza serbo-bosniaca verso una secessione soft. Secondo Dodik, il ruolo e la stessa esistenza della magistratura centrale violano gli Accordi di Dayton in quanto non previsti in origine ma introdotti, anzi imposti, dagli Alti rappresentanti che hanno preceduto Inzko. Gli Accordi, tuttavia, riconoscono poteri enormi agli Alti rappresentanti, inclusi quelli di imporre nuovi organi o di rimuovere ministri locali o nazionali, esistendone le ragioni. Per questo da vent’anni si usa dire che gli Alti rappresentanti siano dei “proconsoli” o dei veri e propri “vicere” al servizio della comunità internazionale.
Dodik dunque usa, come gli è solito fare, argomenti stucchevoli per provocare polveroni. Come è già accaduto in passato a tutti i referendum che il tycoon di Banja Luka ha convocato per la secessione dell’Entità, è probabile se non certo che anche questo finirà come gli altri, arrivando a indebolire ulteriormente la posizione politica di Dodik, ormai insostenibile e tollerata apertamente solo dalla Russia, che usa abilmente e sfrontatamente le mire secessioniste di Dodik per raggiungere i suoi scopi nei Balcani.