venerdì 28 agosto 2015

Bosnia, per la Procura di Sarajevo Naser Orić avrebbe commesso crimini di guerra

L’ex comandante delle forze di difesa di Srebrenica durante il drammatico assedio del 1992-1995, che precedette il genocidio del luglio 1995, il discusso “Rambo” musulmano bosniaco Naser Orić, è stato accusato formalmente dalla Procura della Bosnia Erzegovina di crimini di guerra. Lo riferisce la testata d’informazione on line “Balkan Insight”, secondo cui l’accusa sarebbe quella di avere avuto responsabilità nell’uccisione di almeno tre prigionieri di guerra serbo-bosniaci in altrettante aree intorno a Srebrenica.
Per gli stessi presunti crimini Orić era stato fermato lo scorso mese di giugno su un valico di frontiera tra Svizzera e Francia, per essere poi rilasciato proprio in virtù dell’esistenza della denuncia di cui sopra depositata presso la Procura nazionale bosniaca.
Orić, ex “gorilla” del presidente serbo Slobodan Milošević, rimase a capo della difesa di Srebrenica fino al marzo del 1995, fortemente avversato da una parte dello stato maggiore bosniaco di Sarajevo, e in particolare da quegli alti ufficiali non riconducibili politicamente al partito nazionalista musulmano Sda, guidato dall’ex presunto padre della patria Alja Izetbegović.
Nei villaggi intorno a Srebrenica sono stati uccisi decine, forse centinaia di civili serbo-bosniaci inermi, soprattutto tra il 1992 e il 1993, proprio mentre gli aggressori serbi e serbo bosniaci tenevano sotto assedio oltre 40.000 persone a Srebrenica, massacrandone numeri non inferiori. La maggior parte dei responsabili dei massacri da una parte e dall’altra sono rimasti a oggi impuniti, mentre politici e propaganda di parte non fa che proteggerli, invece di adoperarsi per assicurarli alla giustizia e costruire così un presente e un futuro migliore per il Paese.

Premio “La Quara 2015”, vi aspettiamo a Borgo Val di Taro (Pr) domani pomeriggio!

Avrà luogo domani, a Borgo Val di Taro (Pr), la cerimonia di premiazione della seconda edizione del Premio La Quara, i cui dieci finalisti hanno dato vita al libro Storie in piazza pubblicato dalla nostra casa editrice.
Beatrice Azzolina, Francesca Bottarelli, Laura Galeazzi, Rodolfo KauberAntonio Milicia –  la rosa finale prescelta dalla giuria – insieme agli altri finalisti, con le loro short stories, si sono cimentati con il tema della Piazza, luogo in cui s’incontrano persone, anime, venti che spirano da più lati e impongono alla polvere nuove geometrie, come lo spazio o le mura circostanti fanno con le voci, gli sguardi, i sogni.
Se la cultura umana si è forgiata nell’Agorà, che cosa rimane ai giorni nostri della Piazza, del suo significato di luogo d’incontro, di comunione di esperienze e di reciproca conoscenza?
Questo libro risponde alla domanda e lo fa in modo sorprendente. Dimostrando che in Piazza si può fare ottima letteratura. In Piazza si scrivono grandi short stories!
Vi invitiamo a partecipare alla cerimonia di premiazione che inizierà alle 16,00 in piazza La Quara, seguita da un aperitivo con l’autore in piazza Manara.

Amnesty, la ricerca degli scomparsi in Bosnia sia una priorità dello Stato

In occasione del 30 agosto, Giornata internazionale degli scomparsi, Amnesty International sollecita le autorità della Bosnia ed Erzegovina a impegnarsi sinceramente per risolvere gli oltre 8.000 casi di persone scomparse durante la guerra degli anni 1992-95 e a fornire alle loro famiglie accesso alla verità, alla giustizia e ai diritti socio-economici. 
Tra luglio e agosto, centinaia di attivisti di Amnesty International hanno scritto a Danis Zvizdic, presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina, chiedendogli di premere sul governo centrale affinché sia finalmente applicata la legge del 2004 sulle persone scomparse. 
La legge richiede allo stato di istituire un fondo di sostegno per le famiglie degli scomparsi, la cui importanza è cruciale per garantire i loro diritti sociali ed economici. 
Spesso si tratta di famiglie povere, che durante la guerra hanno perso l'unico percettore di reddito. Il fondo costituirebbe anche una risorsa per le organizzazioni che sostengono le famiglie nella loro lotta per ottenere la verità.
Amnesty International chiede inoltre alle autorità bosniache di fornire adeguato finanziamento all'Istituto nazionale delle persone scomparse, istituito per legge, che anno dopo anno si è visto tagliare i fondi e venir meno la disponibilità di risorse tecniche e umane, col risultato che vi sono state sempre meno nuove esumazioni, analisi delle prove e identificazioni dei resti umani.

giovedì 27 agosto 2015

2 settembre: nove libri per raccontare e ricordare la seconda guerra mondiale

Tra pochi giorni, il 2 settembre, ricorrerà  il 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale, ricordando la resa formale dell’impero giapponese. Il conflitto, iniziato il 1° settembre del 1939 con l’attacco da parte della Germania nazista di Hitler ai danni della Polonia, costò circa 60 milioni di morti e si sviluppò su differenti fronti: quello europeo, dalla Gran Bretagna alla Russia, il fronte nordafricano e quello del Pacifico con Stati Uniti e Giappone contrapposti. In Europa si considera terminato il conflitto dopo la battaglia di Berlino e la caduta del Terzo Reich con la resa tedesca l’8 maggio del 1945. Sul fronte del Pacifico le ostilità continuarono ancora per qualche mese e il Giappone fu piegato solo dopo i terribili e devastanti bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto 1945.
Per non dimenticare, segnaliamo dalla  produzione della casa editrice Infinito edizioni alcuni testi fondamentali per capire quegli anni e come ci precipitò nel baratro più profondo:
-          Le donne della Resistenza, in cui l’autrice ripercorre i giorni della Resistenza attraverso un percorso di memoria dalle partigiane alle loro figlie e figli.
-          Napoli e la seconda guerra mondiale racconta dall’interno i giorni della liberazione di Napoli e il pesantissimo dopoguerra sotto l’occupazione americana e alleata.
-          Il bosco dopo il mare ripercorre la vicenda dei partigiani italiani durante il conflitto in Jugoslavia.
-          In Ribelli!, un cofanetto libro+dvd, sono raccolte testimonianze delle ultime partigiane e partigiani ancora vivi che motivano la loro scelta di vita e libertà.
-          Il Partigiano di piazza dei Martiri ripercorre la storia di un giovane siciliano che disertò dall’esercito monarchico per unirsi ai partigiani in Veneto, dove trovò la morte.
-          In bicicletta lungo la Linea Gotica è un modo originale e intelligente per camminare tra boschi e sentieri dove sono avvenute battaglie e scontri, alle volte fratricidi, ricordando la Storia.
-          1926-1939, l’Italia affonda ci porta a conoscere il mondo dell’antifascismo a Roma e nei Castelli Romani.
-          Nola, cronaca dall’eccidio è ambientato dopo l’armistizio del settembre 1943 e descrive, attraverso la vicenda di una giovane coppia, una rappresaglia tedesca ai danni di un gruppo di ufficiali italiani.
-          Il barbiere zoppo, in anteprima solo sul nostro sito, ci fa rivivere dei momenti della seconda guerra mondiale e della Resistenza attraverso un percorso di ricerca delle proprie origini intrapreso da una giovane a fine Anni ’60.

Settembre, andiamo, ricomincia la scuola: Italia e Svizzera a confronto

A pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, che vedrà l’applicazione della prima parte della riforma la Buona Scuola del governo Renzi, mettiamo a confronto la realtà nazionale con quella elvetica grazie all’esperienza in prima persona di un’insegnante emiliana, prima docente in Italia e ora in Svizzera. Da questa conoscenza diretta nasce La scuola diversa. Manuale di sopravvivenza (in classe e fuori) fra Italia e Svizzera, dove la scuola pubblica italiana è maltrattata, tartassata dai governi che si sono susseguiti, vilipesa e offesa, eppure resistente; quella svizzera ci sembra apparentemente perfetta e ipertecnologica eppure così vuota, disumana, capace persino di umiliare i “diversi” e di sfornare in serie soldatini del tutto privi di cultura umanistica e artistica. Non per niente la Svizzera è uno dei Paesi col più alto tasso di suicidi in Europa…
“Questo libro è il diario di una vocazione, l’appassionata, partecipe e spesso ‘avvelenata’ (nel senso gucciniano) dichiarazione d’amore di un’insegnante per il proprio mestiere, spesso e volentieri umiliato tanto dagli infernali mezzi corazzati tritatutto del nostro governo, quanto dai rigidi criteri di selezione su cui si fonda il sistema scolastico svizzero”. (Andrea Demarchi)

martedì 25 agosto 2015

Graziano Torricelli, dalla provincia modenese il sogno dei Mondiali a 53 anni

Ci sono impegni che non puoi rimandare. Puoi solo caricare l’arco e incoccare la freccia giusta, sperando che sia la volta buona.
Ci sono impegni per i quali lavori con umiltà, grinta e determinazione, che segni sul calendario con la penna rossa perché valgono una vita intera.
Graziano Torricelli, classe 1962 da Magreta, frazione di Formigine, in provincia di Modena, sul suo calendario ha segnato queste date: 29 agosto-5 settembre 2015.
È in quei giorni che, in Umbria, si svolgono i Mondiali di tiro con l’arco, specialità 3D. E questo “ragazzo” di 53 anni, alla prima convocazione in Nazionale dopo aver vinto, nella prima metà di agosto, i campionati italiani di specialità, rappresenta la “freccia” all’occhiello di una squadra azzurra che parte per fare bene. Molto bene.
Il luogo in cui si svolgeranno le gare è di prestigio assoluto: la Cascata delle Marmore. Qui si dipaneranno cinque giorni di competizione ad altissimo livello tra i più bravi arcieri del mondo, mentre la finale è in programma nella vicina Carsulae. Luoghi fantastici, che hanno permesso all’Italia di vincere la concorrenza di Francia e Messico per organizzare i Mondiali e che promettono allori importanti.

Il crollo della borsa cinese, un film (molto pericoloso) già visto

Puntualmente sono arrivati i titoli i dei giornali, sembra un bollettino di guerra: panico in borsa, crollo dei listini, azioni affondate, denaro bruciato. Ci si aspetta di trovare macerie, relitti e cenere, ma la lettura è molto più semplice: i soldi sono passati di mano in mano, qualcuno ha perso e qualcuno ha guadagnato. La finanza, nella sua complessità è una materia molto semplice: la somma di guadagni e perdite è uguale a zero.
Sembra che questa volta l’origine del panico sia la crisi della borsa cinese, cresciuta del 151% da giugno 2014 a giugno 2015 e calata del 35% negli ultimi 3 mesi. Una nuova bolla? Forse, anche se è presto per dirlo. Di certo molti elementi lo fanno pensare. Prima del crollo, le azioni del listino di Shangai avevano raggiunto un valore 59 volte superiore agli utili delle aziende, cioè vicino alla follia. I risparmiatori cinesi hanno così iniziato a indebitarsi per comprare azioni, mettendo le stesse a garanzia dei finanziamenti ottenuti. Si calcola sia di 334 miliardi di euro l’ammontare del credito concesso dai broker alle famiglie cinesi con il solo scopo di speculare in borsa.

lunedì 24 agosto 2015

Bosnia, cattive “ottime notizie” dal Fondo monetario internazionale, e intanto…

Sono ottime le notizie che arrivano alla Bosnia Erzegovina dal suo maggior creditore, il Fondo monetario internazionale (Fmi). Dunque, queste ottime notizie sono in realtà pessime per i cittadini di quel Paese. Secondo il Fmi, infatti, il Paese, e in particolare la Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH), ovvero l’Entità a “maggioranza” musulmana e croato-bosniaca, ha intrapreso la giusta strada nel processo di riforme economiche e sociali necessarie per rilanciare l’asfittica economia nazionale. Tra le riforme apprezzate dai vampiri del Fmi c’è, naturalmente, quella del mercato del lavoro nella FBiH, entrata in vigore a partire dallo scorso 20 agosto e che tante proteste, anche di piazza, aveva provocato tra i cittadini, portandone recentemente a migliaia in piazza a Sarajevo.
Intanto – nonostante le belle parole spese per il lavoro dei governanti politici dal Fmi – proprio sul fronte fiscale arrivano notizie dure per la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, le cui entrate nel primo semestre del 2015 hanno registrato un calo di oltre il 21 per cento su quanto preventivato. In particolare, a registrare la flessione maggiore sono state le entrate provenienti dai dividendi delle aziende pubbliche e miste. Questo porterà probabilmente a un nuovo inevitabile “giro” di privatizzazioni selvagge, che andranno a ingrassare sempre le stesse pance. Che, di solito, godono di ottimi appoggi proprio all’interno del Fmi.
Solita storia, insomma: gli economisti e i membri di club privati mondiali quali lo stesso Fmi organizzano disastri e a pagare sono sempre gli stessi, i cittadini.

venerdì 21 agosto 2015

45 anni e sentirli tutti: storie di schiene, lavori in corso e auguri di compleanno

Un tale, tanti anni fa, un giorno mi disse: “Vedrai che dai quarant’anni in su al mattino, quando ti sveglierai, ti sembrerà strano e quasi preoccupante se non dovessi sentire mal di schiena”. Quel tale – accidenti a lui! – aveva proprio ragione. Ma è anche vero che io me le cerco. Così, nel giorno del mio compleanno – dicono siano quarantacinque primavere, ma spero non sia un anticipo d’autunno… – di un’estate punitiva fatta di solo lavoro, ho ben pensato di mettermi a realizzare uno dei dieci-punti-dieci dei lavori estivi messi in fila a giugno. Tra questi, c’è “roba tosta”, tipo l’isolamento termico interno e il foderamento in legno di un’intera stanza. Ebbene, per il 20 agosto la lista prevedeva scartavetratura e prima mano di impregnante al capanno in legno esterno, lì lì per esalare l’ultimo respiro. Missione compiuta. Con tanto di intermezzo di due ore di tiro con l’arco a pranzo, come regalo di compleanno sui generis. Oggi seconda mano e poi cerimonia della “spunta” della lista. Siamo (quasi) a sei su dieci, con altri due punti in piena lavorazione. Poi il rush finale.
E la schiena? Male boia! Il tizio aveva proprio ragione. Ma nella vita non sono sempre stato davanti a una scrivania. Ho cominciato a dodici anni, tirando tu un garage in un’estate fatta di carriolate interminabili di mattoni e di cemento, continuando poi con vendemmie, imbiancature e lavori di muratura, manovalanze varie, lavori terricoli d’ogni sorta, traslochi… esperienze fondamentali per imparare a fare tante cose, in casa come in ufficio, e quindi per restare fregato in lavoretti d’ogni tipo (che poi spesso diventano lavoroni).
E così oggi – nonostante abbia “poche ore di vita”, essendo nato un caldo giovedì 20 agosto alle 22,30 circa – si continua.
Che aggiungere? Senz’altro la cosa più importante: grazie per i tanti, tantissimi auguri di buon compleanno con cui avete affollato la mia pagina Facebook e l’account di posta elettronica. Fa un piacere immenso, ogni anno e ogni anno di più.
Ci vediamo dal 20 settembre per le strade del mondo e si sentiamo sempre via internet.
Un caro saluto a tutti e, se passate domenica per Formigine, potrete assistere allo sconvolgente spettacolo di un uomo adulto vestito in brache medievali provare a centrare inutilmente il faccione di un guerriero, ma tanto vince sempre lui. Si chiama “celata” ed è uno spettacolo bello a cui assistere, facendoci anche quattro risate insieme. Manco a dirlo, fino a pochi minuti prima sarò impegnato nei punti sette, otto e nove della mia lista di lavori estivi. E se vi servisse un buon tuttofare…! Costo poco e lascio pulito, che non fa mai male!!!
Abbracci, buona fine d’estate a tutti voi!

lunedì 17 agosto 2015

I nomi delle 10 vittime del massacro di Aigues-Mortes, 17 agosto 1893

Aigues-Mortes è un piccolo comune della Francia del sud circondato dagli stagni della Camargue e da ampi territori paludosi. Dalle paludi si estrae il sale, il prezioso oro bianco, che rappresenta la vera ricchezza del paese. Il lavoro nelle saline è durissimo, pagato con pochi franchi al giorno e non mancano le rivalità tra gli operai francesi e quelli italiani stagionali, accusati dai francesi di essere preferiti dai proprietari delle saline.
È il 17 agosto del 1893 ed è iniziata la faticosa fase della raccolta e trasporto del sale: alcuni scontri tra lavoratori francesi e italiani registrati il giorno precedente aizzano la folla aizzata nella caccia all’italiano. Dieci lavoratori – la maggior parte provenienti dalle campagne del cuneese – resteranno uccisi, tantissimi i feriti. Un episodio di feroce razzismo avvenuto quando gli emigranti eravamo noi e su cui è sceso per decenni un velo di silenzio e di omertà.
Conosciamo l’identità di otto dei morti uffi­ciali. Cinque sono piemontesi: Carlo Tasso, 58 anni, di Montalero (frazione di Cerrina Monferrato, in provincia di Alessandria); Vittorio Caffaro, 29 anni, di Pinerolo, in provincia di Torino; Bartolomeo Calori, 26 anni, di Torino; Giuseppe Merlo, 29 anni, di San Biagio (frazione di Centallo, in provincia di Cuneo) e Giovanni Bonetto, 31 anni, del villaggio occitano di Frassino (in Val Varaita, provincia di Cuneo); un ligure, Lorenzo Rolando, 31 anni, di Al­tare (provincia di Savona); un lombardo, Paolo Zanetti, 29 anni, di Nese (oggi frazione di Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo); un toscano, Amaddio Capo­ni, 35 anni, di San Miniato, in provincia di Pisa, che durante il viaggio di ritorno morì all’ospedale di Porto Maurizio (oggi quartiere di Imperia). Il nono cadavere non potrà essere identificato, così come il decimo sep­pellito in tutta fretta – clandestinamente, si potrebbe dire – il 21 settembre, senza che ne venisse data comu­nicazione alle autorità italiane e che, come vedremo, con ogni probabilità è quello di Secondo Torchio, 24 anni, di Tigliole (Asti).
“Barnabà restituisce appieno alla memoria, tramite un encomiabile lavoro di ricerca, quel che fu in Francia, ad Aigues-Mortes, il 17 agosto 1893, una sorta di pogrom, più propriamente un massacro”. (Giuseppe Carlo Marino)
Enzo Barnabà, Aigues-Mortes. Il massacro degli Italiani (Infinito edizioni).

venerdì 14 agosto 2015

Quella festa fascio-cattolica (inopportunamente) chiamata Ferragosto

Ho sempre trovato il Ferragosto una festa piuttosto vuota e inutile. Da ragazzino davo la colpa al fatto che, essendo nato il 20 agosto, Ferragosto era la formalizzazione delle mie sfighe di figlio delle classi più basse che, in mancanza della prospettiva di una pur microscopica vacanza, viveva un intero mese tra solitudine e domande senza risposte. Da adolescente, naturalmente, la piega è diventata ancor più brutta perché consideravo quella settimana tra il Ferragosto e il mio compleanno una sorta di congiura intergalattica contro la mia poco augusta e dimenticata persona. Tutti al mare e io a casa, qualche volta pure senza cocomero…
Col tempo ho capito che il Ferragosto non mi sarebbe andato mai a genio ma ho, al contempo, imparato che a volte – tante volte – è molto meglio stare solo che male accompagnato. E ho rivalutato il Ferragosto, ma non come festività, bensì come momento per staccare la spina e isolarmi.
D’altronde, se non negli astri, è scritto nella storia che il Ferragosto non può proprio essere la mia festa.
Nato come “riposo di Augusto”, festività istituita nel 18 avanti Cristo e che coincideva in realtà con tutto il mese agostano, a partire dal 1°, nei tempi più vicini a noi il Ferragosto ha assunto il significato di festa politica e religiosa che non gli è, e non gli sarebbe dovuto rimanere, affatto proprio.
Lo spostamento dal 1° al 15 agosto è stato deciso e imposto dalla Chiesa cattolica nella sua mania di mettere la bandierina evangelizzatrice su qualsiasi festività che potesse rievocare antichi culti pagani. Ecco allora la scelta del Cupolone di far coincidere il Ferragosto con la giornata dell’Assunzione di Maria, e così addio ricorrenza laica.

giovedì 13 agosto 2015

Pesaro, alla Coop una vetrina di "Srebrenica. La giustizia negata"

L'uomo riflesso nell'immagine, intento a fotografare la vetrina, è Silvio Ziliotto, caro amico e autore della postfazione del libro "Srebrenica. La giustizia negata", che ho scritto a quattro mani con un altro caro amico, Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International.
La vetrina con questa bella "parata" di nostri libri è quella della Libreria Coop di Pesaro, corso XI Settembre 45/47. Sarà bene fare loro visita per alleggerirli di qualche copia...!
Grazie alla Libreria Coop di Pesaro per la fiducia e per la sensibilità verso il non facile argomento "Srebrenica". Grazie all'amico Silvio, uno dei più grandi traduttori italiani dal serbo-croato e fine conoscitore della cultura e della lettura balcanica, per questo "scoop"...!
Buone letture estive!

Aigues-Mortes, 17 agosto 1893: il massacro degli Italiani, quando i migranti eravamo noi

Un episodio di storia dimenticato da una parte e strumentalizzato dall’altra, un accurato lavoro di ricerca e ricostruzione dei fatti sono alla base del nuovo libro di Enzo Barnabà dal titolo “Aigues-Mortes, il massacro degli Italiani”. Pubblichiamo qui un estratto della prefazione di Stefania Parmeggiani.

Aigues-Mortes, il massacro degli Italiani di Enzo Barnabà è un saggio che ricostruisce il massacro avvenuto ad Aigues-Mortes, nella regione francese della Linguadoca-Rossiglione, il 17 agosto 1893 e lo inquadra in un contesto politico e sociale: le tensioni tra Francia e Italia, la paura di un conflitto bellico, la guerra doganale, gli equilibri interni al nostro Paese, la depressione economica, le ideologie nazionaliste, le contraddizioni del movimento operaio e socialista europeo. In realtà, oltre alla verità dei fatti, racconta un’altra storia. Interessante per gli italiani di oggi che reagiscono con rabbia e paura alla convivenza con immigrati economici e profughi politici.
Ai lettori propongo un esercizio. Leggete questo breve libro tre volte. La prima lasciandovi andare alla narrazio­ne. Vi ritroverete nelle saline francesi a respirare l’odore della fatica, dell’umiliazione e della necessità che impre­gnavano i vestiti di quei nostri lontani parenti. Insieme a loro stringerete i denti e accetterete condizioni salariali pessime, ignorerete gli insulti di chi vi accusa di rubargli il lavoro, di non avere coscienza sindacale e dignità. (…)

martedì 11 agosto 2015

Immigrazione, 560 milioni dalla Ue all’Italia per politiche di accoglienza e di sorveglianza

La Commissione europea ha stanziato ieri un totale di 2,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 per aiutare i Paesi membri a sostenere l’emergenza immigrazione esplosa negli ultimi mesi.
I due maggiori beneficiari di questo programma di finanziamento sono Italia, con circa 560 milioni di euro, e Grecia, con circa 473 milioni. L’Italia riceverà in tranche annuali il totale di 313.355.777 milioni come sostegno alle politiche di accoglienza, asilo e integrazione dei migranti e altri 244.888.658 milioni per la sorveglianza delle frontiere esterne della Ue.
Fondi sono stati stanziati anche per Francia e Gran Bretagna in riferimento ai tentativi di attraversamento dell’Eurotunnel verificatisi nelle scorse settimane.

Aigues-Mortes, 17 agosto 1893: quante e quali vittime


Ogni tanto, un giornale, una rivista o un sito internet decidono di occuparsi del massacro avvenuto ad Aigues-Mortes il 17 agosto 1893; approssimazioni e imprecisioni vengono non di rado diffuse presso il grande pubblico come verità. I fatti, com’è noto, si svolsero nelle saline della città dove i circa 500 italiani (400 stagionali provenienti soprattutto dal Piemonte e dalla Toscana e 100 già immigrati in Francia) ivi convenuti per la breve stagione della raccolta del cosiddetto oro bianco furono aggrediti con inaudita violenza.
Viene immancabilmente affermato che gli autoctoni erano esasperati perché la Compagnia delle Saline preferiva assumere gli italiani i quali offrivano le loro braccia a un prezzo più basso. Un’affermazione di apparente buon senso, ma falsa perché agli immigrati veniva rimproverato esattamente l’opposto: si lavorava a cottimo – “la peggiore forma di concorrenza tra lavoratori” aveva dichiarato appena una settimana prima il Congresso dell’Internazionale Socialista tenutosi a Zurigo – e gli italiani si distinguevano per l’energia dispiegata: erano venuti a fare la stagione per riportare a casa il gruzzolo più consistente possibile. La Compagnia, inoltre, non assumeva nessuno, non conosceva neppure il nome degli operai; trattava con i caporali – francesi o italiani che fossero – i quali le rivendevano con lucro il lavoro altrui.

venerdì 7 agosto 2015

Bosnia, l’Alto rappresentante Inzko boccia il referendum di Dodik

Secondo l’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina, il diplomatico austriaco di origini slovene Valentin Inzko, il referendum proclamato dal presidente dell’Entità amministrativa della Repubblica serba di Bosnia (Rs), Milorad Dodik, per sottrarre la Rs alla magistratura centrale bosniaca, viola gli Accordi di Dayton, che nel novembre 1995 misero fine alla guerra in Bosnia Erzegovina e che contengono la Costituzione della ex repubblica jugoslava.
“Da vent’anni siamo testimoni di contestazioni degli Accordi di pace di Dayton – ha detto, tra l’altro, Inzko in una conferenza stampa tenutasi a Sarajevo – mentre invece dovremmo investire tutti gli sforzi nella costruzione di un futuro migliore per i cittadini della Bosnia Erzegovina”.
Il referendum convocato da Dodik, e approvato dal parlamento della Rs nonostante le proteste dell’opposizione, è il primo passo nei progetti del padre-padrone dell’Entità a maggioranza serbo-bosniaca verso una secessione soft. Secondo Dodik, il ruolo e la stessa esistenza della magistratura centrale violano gli Accordi di Dayton in quanto non previsti in origine ma introdotti, anzi imposti, dagli Alti rappresentanti che hanno preceduto Inzko. Gli Accordi, tuttavia, riconoscono poteri enormi agli Alti rappresentanti, inclusi quelli di imporre nuovi organi o di rimuovere ministri locali o nazionali, esistendone le ragioni. Per questo da vent’anni si usa dire che gli Alti rappresentanti siano dei “proconsoli” o dei veri e propri “vicere” al servizio della comunità internazionale.
Dodik dunque usa, come gli è solito fare, argomenti stucchevoli per provocare polveroni. Come è già accaduto in passato a tutti i referendum che il tycoon di Banja Luka ha convocato per la secessione dell’Entità, è probabile se non certo che anche questo finirà come gli altri, arrivando a indebolire ulteriormente la posizione politica di Dodik, ormai insostenibile e tollerata apertamente solo dalla Russia, che usa abilmente e sfrontatamente le mire secessioniste di Dodik per raggiungere i suoi scopi nei Balcani.

giovedì 6 agosto 2015

Mbeng, la trappola Europa

Oltre duemila migranti sono morti quest'anno nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere le coste europee. Forse altre centinaia nelle ultime ore al largo della Libia.
A diffondere la drammatica cifra è l'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Nello stesso periodo dello scorso anno sono morte 1.607 persone, mentre, in tutto l’anno passato, sono perite 3.279 persone. La maggior parte dei migranti sono morti mentre cercavano di attraversare il Canale di Sicilia, lungo la rotta del Mediterraneo centrale che collega la Libia all'Italia. "È inaccettabile che nel 21° secolo la gente che fugge dai conflitti, dalle persecuzioni, dalla miseria e dal degrado della terra debba sopportare queste terribili esperienze nei loro Paesi, per non parlare durante il viaggio, per poi morire alle soglie dell'Europa", ha commentato il direttore generale dell'Oim, William Lacy Swing.
Clariste è una giovane donna, africana, calciatrice: sogna Mbeng, l’Europa. Nell’intenso La trappola L'odissea dell’emigrazione, il respingimento, la rinascita ripercorre un viaggio che è una vita – settemila chilometri in otto anni. Un percorso lungo e tortuoso nel tempo e nello spazio, aggrappata al football per avvicinare l’Europa. La storia di un inganno, di un sogno – la fortezza Mbeng – che è illusione. E la narrazione di una rinascita, ritornando all'Africa.

La “monnezza”, metafora dell’Italia

“Pecché qua, volente o nolente, tutto quello che si fa, deve passare per il Nord. Sempre loro decidono e po’ dicono che siamo stati noi, i pezzenti, i mariuoli, ‘e fetient’, avete capito? Loro fanno ‘e ‘mbruogl’ e po’ dicono che siamo stati noi!”.
Napoli, Italia, ma potremmo dire anche Calabria, Sicilia, Roma…
Una città, un Paese assediati dalla malavita e dalla spazzatura. Monnezza – ma anche tanti rifiuti tossici – che da ogni parte d’Italia, talvolta d’Europa, la malavita trasporta, gestisce, interra, con gravi connivenze, in luoghi meravigliosi trasformati in insalubri pattumiere. In cui vive tanta gente, bambini inclusi.
In Monnezza Francesco De Filippo racconta la sua città – e l’intera Italia – mentre sprofonda nei rifiuti, respira diossina, si ammala. E spiega quali sono i meccanismi, drammatici e criminali, che permettono che questo accada ogni giorno.
“Questo libro è "una divertentissima e amara metafora sulla vicenda della monnezza che da fenomeno reale si trasforma addirittura in una metafisica della condizione umana". (Andrea Camilleri)

I settant'anni della bomba atomica su Hiroshima

Ogni 6 agosto si rende omaggio alle vittime dell'attacco nucleare statunitense contro la città di Hiroshima. Quest'anno si ricorda quella mostruosità nel settantesimo anniversario.
Quel giorno del 1945, alle otto, sedici minuti e otto secondi del mattino ora locale, "Little Boy", la prima bomba atomica mai utilizzata in un conflitto militare, venne fatta esplodere a 576 metri d'altezza sopra la città con una potenza pari a circa 12.500 tonnellate di trinitrotuluene o TNT. I morti immediati furono oltre sessantamila (le statistiche dicono 60.175), che salirono a circa centomila negli anni successivi in conseguenza delle radiazioni. Gli sfollati furono circa 180.000. Nonostante i settant'anni passati, ancora oggi decine di migliaia di persone sono colpite dagli effetti del fall-out radioattivo. Queste persone sono chiamate "hibakusha".
Tre giorni dopo, 9 agosto, una seconda bomba atomica, chiamata "Fat Man", sarà sganciata alle undici del mattino ora locale da un aereo da guerra statunitense su Nagasaki. Questo secondo ordigno fu fatto esplodere a 469 metri d'altezza sulla zona industriale di Nagasaki e provocò la morte di almeno quarantamila dei circa 240.000 residenti, più un numero imprecisato ma enorme di altri decessi negli anni a seguire a causa del fall-out nucleare.
Forse è superfluo augurarsi che non accada più, per quanto periodicamente l'arroganza umana porti a temere che nuove Hiroshima possano ripetersi. Bene restare assorti almeno qualche attimo, pensando che sono passati solo settant'anni e che i nostri nonni c'erano, i nostri genitori forse, facendo del nostro meglio per restare umani. Almeno questo.

mercoledì 5 agosto 2015

Banja Luka, 5 agosto giornata di lutto per le vittime serbe della Krajina

Il governo ultranazionalista dell’entità amministrativa della Repubblica serba di Bosnia, guidato dal presidente-tycoon Milorad Dodik, ha proclamato per oggi, 5 agosto, una giornata di lutto in memoria dei serbi di Bosnia e di Serbia sfollati e uccisi nella Krajina croata durante la nota “Operazione Tempesta”, con la quale il governo di Zagabria, attraverso una spaventosa pulizia etnica, si riappropriò di quel territorio di confine sottrattogli nel 1992 con una prima pulizia etnica operata da parte delle forze militari e paramilitari serbe, che crearono una regione autonoma durata quasi quattro anni basata sul principio nazionalista del “laddove c’è un serbo, lì è Serbia”. In realtà questa data era stata concordata lo scorso 26 giugno a Belgrado in occasione di un incontro tra il governo serbo e quello dell’entità amministrativa bosniaca. Neppure una parola, come vuole il protocollo dell’ipocrisia nazionalista, viene spesa per spiegare che tutto è cominciato con la pulizia etnica ai danni della minoranza croata della Krajina nel 1992.

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/27 – Saluti finali

Abbiamo compiuto insieme un bel viaggio lungo un mese. Grazie a chi ha inviato un suo testo, a chi ha letto, a chi ha rilanciato, a chi ha riflettuto.
La pagina del genocidio di Srebrenica rimane aperta, come resta aperta la pagina delle violenze commesse nella stessa area ai danni dei civili serbo-bosniaci tra il 1992 e il 1993. Due piani giuridici diversi, ma comunque due pagine della vergogna. Pagine tragiche per le quali ben pochi hanno pagato e forse nessuno è destinato a farlo.
L’impunità ha vinto a Srebrenica e dintorni, almeno fino a oggi. E questo dovrebbe preoccupare e inquietare tutti, indipendentemente dal tifo di parte, che è e rimane qualcosa di stucchevole e, a tratti, abominevole.

martedì 4 agosto 2015

Eccidio di Aigues-Mortes: il lavoro nelle saline raccontato da un operaio

Aigues-Mortes è un piccolo comune della Francia del sud circondato dagli stagni della Camargue e da ampi territori paludosi. Dalle paludi si estrae il sale, il prezioso oro bianco, che rappresenta la vera ricchezza del paese. Il lavoro nelle saline è durissimo, pagato con pochi franchi al giorno e non mancano le rivalità tra gli operai francesi e gli stagionali italiani.
Un clima d’odio crescente portò, il 17 agosto del 1893, una folla inferocita – aizzata ad arte – a volgersi contro i lavoratori italiani in feroci scontri in cui dieci connazionali persero la vita. Un episodio a lungo dimenticato, il massacro di Aigues-Mortes, su cui fa luce il lavoro accurato di Enzo Barnabà in Aigues-Mortes. Il massacro degli Italiani, appena uscito in libreria.
Qui di seguito pubblichiamo la testimonianza di Salvatore Gatti, un operaio nelle saline di Aigues-Mortes, testimone delle condizioni di lavoro e di vita all’epoca dei fatti.
“Anzitutto è bene ch’ella sappia – ci disse – che alla lavora­zione ordinaria del sale la Compagnia di Aigues-Mortes impiega soltanto da 50 a 60 vecchi operai francesi, quasi tutti del paese, i quali hanno impiego permanente. Costoro sono conosciuti nel paludoso paese della Camargue col nome di sali­niers. Soltanto all’epoca del raccolto del sale vengono arruolati da Aigues-Mortes molte centinaia d’operai per l’accumulazione in mucchi del sale, e per il trasporto di esso – ridotto a matto­nelle dai saliniers – fuori delle saline.

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/26 - Come è potuto succedere

Mi è tremendamente difficile mettere insieme qualche pensiero su Srebrenica.
“Come è potuto succedere” è la domanda, martellante, che mi pongo quotidianamente da quando ho iniziato a interessarmi di Bosnia Erzegovina e, soprattutto, a conoscerla meglio grazie all'incontro con le persone, ai loro volti, ai loro occhi. Alle letture, intense, profonde che mi hanno aiutato a farmi un mio pensiero, a formarmi una coscienza di quanto successo.
“Strebrenica, i giorni della vergogna” e “Srebrenica la giustizia negata” sono testi che farei leggere nelle scuole per svegliare un bel po' di coscienze tra alunni e insegnanti. Quando li ho letti confesso di essere stata male, un male fisico, come se una mano improvvisamente fosse uscita dal libro e avesse iniziato a colpirmi, forte, nello stomaco.
Un genocidio nel cuore della democraticissima Europa. Un popolo lasciato alla mercé dei propri assassini accecati dall'odio più barbaro verso il prossimo. Una pulizia etnica testimoniata, accertata, sotto gli occhi di tutti tranne di chi non vuole vedere.
“Come è potuto succedere”.

lunedì 3 agosto 2015

Se l'impero russo se la prende persino con i Testimoni di Geova

Bandito un sito Web. Sarebbe scattata una super mobilitazione via internet se a farlo fossero stati Paesi autoritari e inclini alla violazione dei diritti delle minoranze come la Cina, la Corea del Nord e l'ex super-nemico per ora di nuovo amico (ma non si sa per quanto) Iran. Sarebbe stato come tirare un rigore a porta vuota se a farlo fosse stato qualche Stato arabo. L'ha fatto la Russia, che simpaticamente ci vende il petrolio e ha un allenatore della nazionale italiano, e allora lasciamo correre.
Fatto cosa?
Senz'altro, una evidente violazione dei diritti di una minoranza, nello specifico i Testimoni di Geova. Che stanno simpatici a pochi, nella cristianissima, arroccata e ipocrita Europa, ma che fino a oggi almeno sono annoverabili tra quei gruppi cristiani che non si sono mai macchiati di genocidi e di mostruosità varie.
I Testimoni di Geova si sono visti chiudere il loro sito web in Russia in virtù dell'accanimento di un pugno di giudici un po' razzisti. Ne dà notizia lo stesso sito internet www.jw.org, sottolineando che la Russia è l'unico Paese al mondo ad aver bandito un sito in cui si fa senz'altro predicazione, ma su cui è veramente difficile trovare elementi di estremismo religioso o di istigazione a delinquere.

StopOpg: per chiudere gli Ospedali psichiatrici giudiziari, commissariare subito le regioni inadempienti

Riceviamo da StopOpg e volentieri rilanciamo.
Sono passati 4 mesi dal 31 marzo 2015 e gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari non sono ancora chiusi. Più di trecento persone sono internate nei 5 Opg superstiti: Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia; e altri 240 sono gli internati nell’ex Opg di Castiglione delle Stiviere, che ha solo cambiato “targa” diventando Rems.
Alle dichiarazioni del sottosegretario De Fiilippo che, nei giorni scorsi in Parlamento, annunciava il commissariamento delle regioni inadempienti non sono seguiti i fatti.
Il commissariamento non è più rinviabile e riguarda le regioni che non hanno ancora accolto i propri pazienti, costringendoli così a restare in Opg.
Ma il commissariamento deve agire per la completa attuazione della Legge 81/2014, che non si limita a far chiudere gli Opg. Tanto più dopo la sentenza della Corte Costituzionale di questi giorni che, respingendo il ricorso del Tribunale di sorveglianza di Messina, ha confermato la piena legittimità della legge 81, con motivazioni che ne sostengono lo spirito innovatore. La nuova legge infatti privilegia misure alternative anche alla detenzione nelle Rems (le strutture regionali di detenzione che stanno sostituendo gli Opg invece di diventare residuali). Il commissario può dare impulso e sostegno a Regioni e Asl che, collaborando con la Magistratura, devono costruire l’alternativa all’internamento delle persone in Opg e nelle Rems: con progetti di cura e riabilitazione individuale, potenziando i servizi territoriali di salute mentale. Come per la chiusura dei manicomi la vera sfida è costruire nelle comunità l’alternativa all’esclusione sociale.
per StopOpg, Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella
Segui la mobilitazione su www.stopopg.it

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/25 - Ricordare Srebrenica

Ricordare Srebrenica non dev'essere un facile slogan retorico accanto alle parole “Mai più”. Ricordare ciò che successe vent'anni fa è prima di tutto una richiesta, finora spesso inascoltata, di giustizia: per le 10.701 vittime, le mogli, le madri, le sorelle che sono tornate a Srebrenica e che ogni giorno devono fare i conti col passato e il presente.
Infine, ricordare Srebrenica è un monito per l'Europa, spesso incline a dimenticare o a fingere di non vedere ciò che avviene entro i proprio confini. 

Luca Cortesi
Amnesty International
Responsabile Circ. Emilia-Romagna