venerdì 3 luglio 2015

Serbia, Nikolić: “Vado a Srebrenica solo se commemorate anche vittime serbo-bosniache”

Il presidente serbo Tomislav Nikolić non andrà a Srebrenica, il prossimo 11 luglio, per portare un saluto alle 10.701 vittime del genocidio di musulmani bosniaci perpetrato a opera degli ultranazionalisti serbo-bosniaci comandati dal generale Ratko Mladić e dai paramilitari serbi mandati a fare il “lavoro sporco” da parte dell’ex presidente serbo Slobodan Milošević.
“Come più volte ribadito – ha detto a tal proposito il consigliere personale di Nikolić per gli Affari internazionali, l’ex ministro degli Esteri serbo Ivan Mrkić – il presidente sarebbe disposto a rendere omaggio alle vittime musulmane di Srebrenica se Bakir Izetbegović facesse la stessa cosa per le vittime serbe a Kravica, Bratunac e in altri posti”. Bakir Izetbegović è l’attuale rappresentante musulmano bosniaco della presidenza tripartita bosniaco erzegovese, oltre a essere figlio dell’ex presidente Alija Izetbegović, per l’universo nazionalista musulmano bosniaco padre della patria ma in realtà co-responsabile del pantano bosniaco, soprattutto a causa di alcune sue discutibili scelte durante la guerra del 1992-1995.
Le vittime di cui parla Mrkić, come noto, sono diverse centinaia di civili serbo-bosniaci uccisi tra il 1992 e il 1993 da squadre della morte bosniache musulmane che lasciavano Srebrenica assediata per cercare nei villaggi circostanti cibo e armi ma che, nel farlo, non hanno lesinato di seminare morte e distruzione. La cifra che la propaganda serba fa, in riferimento a quelle vittime, è di circa 3.500 persone.
“Nikolić – ha aggiunto Mrkić – è pronto ad andare con Izetbegović nei luoghi dove persone innocenti furono uccise, ma non è morale dividere le vittime in base alla loro origine etnica, quanto meno dal nostro punto di vista”.
Parole importanti, quelle di Mrkić, che ha parlato a nome di Nikolić. Al di là dell’errore non solo antropologico ma anche politico nel voler continuare a dividere i popoli balcanici in etnie, quasi fossero tribù, dando a sottintendere sempre che una possa essere migliore delle altre, viene da chiedersi quanto sia invece morale continuare, discutibilmente, a negare non solo il genocidio di Srebrenica, ma le responsabilità del governo di Milošević in materia. Un gesto coraggioso di Nikolić in questa direzione rappresenterebbe un cambio di passo decisivo e darebbe un esempio di coraggio a livello planetario. Invece la destra serba – di cui Nikolić incarna un volto simpatico ma decisamente estremista in certe posizioni – preferisce restare nel pantano di una polemica stucchevole, continuando a giocare la partita perdente di quello serbo come popolo perseguitato. Se è perseguitato, lo è dalla mediocrità dei suoi rappresentanti e dalla scelta di prestarsi a fare il gioco della Russia di Putin in nome di una contrapposizione con l’Occidente perdente per tutti, almeno per i Paesi europei, non solo per i serbi.
In seguito a pressioni degli ambienti dell’estrema destra serba, è al momento in dubbio anche la presenza del primo ministro Aleksandar Vučić l’11 luglio a Srebrenica.
Intanto continua il braccio di ferro in sede Onu sulla proposta di risoluzione britannica in riferimento al genocidio di Srebrenica. La Russia, sostenuta da Serbia e Repubblica serba di Bosnia, sta lavorando per “sterilizzare” il testo della risoluzione, evitando che si parli di genocidio. Insomma, un lavoro di omertà e di negazione su larga scala.