mercoledì 22 luglio 2015

#MeseDellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/17 - L’incontro con le madri: memoria nella giustizia

Durante la gita-pellegrinaggio attraverso la penisola balcanica, dell’Associazione per l’accoglienza dei migranti “San Martino de Porres” di Pistoia, incontriamo le madri di Srebrenica e di Zepa nel pomeriggio del 21 agosto 2008, una data che rimarrà impressa nella mente di molti dei presenti. L’incontro avviene in un piccolo appartamento della periferia di Sarajevo. Appena entrati, le foto con i volti degli scomparsi, con le bare, con il volto addolorato di Clinton, ci hanno calato immediatamente in una tragedia della storia rimossa dai media. Il genocidio, realizzato nel luglio 1995 nell’impotenza, ma anche nell’indifferenza e nel silenzio dell’Europa, si materializza ai nostri occhi in un’evidenza lampante che squarcia le coscienze: non possiamo sottrarci alla responsabilità di questa sconfitta dell’umanità: la connessione tra sfera e spazio globale si realizza in modo lacerante.
Le parole delle madri, in particolare della presidente Munira Subasic – una donna apparentemente semplice, ma ferma nella sua fiera argomentazione – sono come un grido che chiede, esige giustizia di un genocidio che il mondo non ha voluto vedere. Munira parla, racconta, ragiona, discute, accusa rapida e precisa nella sua lingua bosniaca per noi incomprensibile, ma tradotta, talvolta tra le lacrime, dalla giovane e dolcissima Ana, che più volte è sopraffatta dalla commozione. Munira parla con la durezza e la precisione di un processo verbale contro Karadzic (da pochi giorni scoperto e arrestato), Mladic (ancora nascosto dal governo serbo), le responsabilità dell’Europa e dell’Onu, contro i silenzi del papa; la sua sicurezza è assoluta, come se avesse raggiunto un punto fermo che le asciuga le lacrime e le dà serenità, la Giustizia. Erompe con un grido: “Perché siete qui?” e ci fa improvvisamente protagonisti inconsapevoli in quella stanza, dove sono presenti il dolore e l’orrore del XX secolo. Noi, dopo essere rimasti a lungo in silenzio, possiamo solo ringraziare per la loro testimonianza: lo esprimiamo con le mie sofferte parole: “L’incontro che vi abbiamo chiesto vuole riaffermare che la dignità umana resiste nella memoria, anche e proprio nei luoghi, di cui sono stati vittime i vostri familiari. Siamo consapevoli che ogni incontro, per voi evoca dolore, ma essere qui rappresenta per noi una scelta irrinunciabile di solidarietà nella memoria e nella giustizia. Il valore della vostra testimonianza è infinito proprio perché diventa parte della memoria collettiva grazie al messaggio che quanto è avvenuto qui, non accada più in nessuna parte del mondo. I vostri cari non toneranno a vivere, ma attraverso la giustizia i responsabili del crimine non sfuggiranno al giudizio degli uomini e della storia né potranno uccidere il ricordo di coloro che assassinarono fisicamente. Nei giorni del luglio 1995, forse molti di noi volsero altrove lo sguardo per non vedere quanto di terribile avveniva nella vicina Bosnia: oggi, nel chiedervi perdono dell’indifferenza di allora, vi ringraziamo perché ci avete aiutato a continuare ad essere umani. Grazie, donne di Srebrenica e di Zepa: porteremo con noi il vostro messaggio di giustizia, di rispetto della diversità e di speranza nell’uomo!”. Quindi don Patrizio Guidi legge la commossa poesia composta da lui: “Madri di Srebrenica”. Paola Bellandi, presidente dell’associazione, offre un quadro con il ricamo eseguito da lei con una dedica alle madri. Loro capiscono il nostro disagio e la nostra solidarietà, ci abbracciano. Sarà difficile per molti di noi dimenticarle e continuare ad essere gli stessi di prima.


Mauro Matteucci