mercoledì 1 luglio 2015

#MesedellaMemoria: Srebrenica vent’anni dopo/1

Con questo pensiero di Enisa Bukvić inauguriamo una rubrica che durerà per l’intero mese di luglio, il cui scopo è fare memoria attraverso il ricordo del genocidio di Srebrenica, delle sue vittime, dei suoi carnefici.
Nonostante la programmazione sia al completo, come avvenne lo scorso anno siamo aperti a vostri pensieri e ricordi, che saranno pubblicati in agosto, prolungando volentieri la programmazione della rubrica.
Nessuno spazio sarà dato a negazionisti, cafoni e cialtroni di ogni appartenenza nazionale e religiosa, le cui eventuali contumelie saranno girate immediatamente alla Polizia postale per le denunce del caso.

Sono passati vent'anni dal genocidio di Srebrenica.
Il dolore è rimasto lo stesso, forse è anche aumentato. Le madri, le sorelle e le figlie continuano a cercare i resti dei loro cari, uccisi durante il genocidio. Alcuni – i serbi bosniaci coinvolti in questa disumana vicenda – girano liberi per Srebrenica o nelle città vicine, incontrando spesso per strada le persone alle quali hanno ucciso i loro affetti più cari. Molti di questi criminali di guerra oggi lavorano nella polizia della Repubblica serba di Bosnia (Rs).
Recentemente, durante un viaggio nella Rs ho parlato del genocidio con alcune donne. Dicono che i musulmani bosniaci inventano i numeri dei morti. Negano tutto, così come a negare si affrettano i loro politici. E la Serbia sostiene tutto questo.
Finora sono stati identificati e sepolti nel Memoriale di Potočari poco più di 6.000 corpi grazie al lavoro fatto da esperti internazionali e locali, utilizzando avanzati test del Dna. Tutto certificato. Il genocidio di Srebrenica è riconosciuto a livello internazionale. Nonostante tutto, lo negano. Perché è così difficile accettare il genocidio, se è stato compiuto dalla propria comunità? Forse la popolazione della Rs si sente identificata con i criminali di guerra. E allora reagisce negando. È una possibilità.
Esiste anche una luce in questa vicenda. L'associazione Donne in nero di Belgrado cerca di risvegliare le coscienze dei serbi parlando apertamente del genocidio e unendosi all'associazione delle Madri di Srebrenica.
Credo che prima e poi i serbi bosniaci e i serbi dovranno accettare l’evidenza del genocidio di Srebrenica e tutto male compiuto in Bosnia dai criminali di guerra appartenenti alla loro comunità. È necessario per il bene delle future generazioni: voglio credere in questo.
Le responsabilità per il genocidio sono a carico della Rs, della Serbia e delle Nazioni Unite oltre che della comunità internazionale. Le Nazioni Unite avevano posto sotto la loro protezione questa enclave con la risoluzione 819. E invece i militari olandesi di stanza a Srebrenica nel luglio del 1995 hanno disarmato la popolazione musulmana promettendo sicurezza, poi sono rimasti a guardare il compiersi del genocidio. E nessuno ha mai pagato neanche per questo.

Enisa Bukvić