venerdì 26 giugno 2015

Tortura, un problema globale. E l’Italia è ancora senza legge

Pubblichiamo il post di Riccardo Noury uscito oggi sul blog del Corriere della Sera Le persone e la dignità dedicato alla Giornata mondiale in memoria delle vittime di tortura
In Messico è il “tehuacanazo”: acqua gassata iniettata nelle narici. In Marocco è il “pollo allo spiedo”: si sospende una persona a testa in più, con ginocchia e polsi legati a un palo. In Nigeria è il “tabay”: rimanere sospesi a un gancio con i gomiti legati dietro la schiena. Nelle Filippine è la “ruota della tortura”: viene fatto ruotare un disco sui cui spicchi sono descritti i metodi di tortura, e si pratica quello su cui si è fermata la lancetta. Se, per esempio, si ferma su “20 secondi di Manny Pacquaio” – pugile di livello mondiale – partono cazzotti per 20 secondi consecutivi.
I torturatori hanno molta fantasia. Sono un’innumerevole moltitudine, considerato che Amnesty International negli ultimi cinque anni ha riscontrato casi di tortura in 141 Paesi: a volte isolati, a volte quotidiani, come in Messico dove nel 2013 sono stati denunciati 1.503 casi; in questo Paese dal 1991 vi sono state solo sette condanne per tortura. O come in Uzbekistan, dove i torturatori non brillano per creatività assassina ma applicano certosinamente supplizi medievali (bastonate, soffocamenti) e scariche elettriche.
Ironicamente, quel numero, 141, quasi coincide con quello, 157, dei Paesi che, ratificando la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, si sono impegnati a non torturare e a mettere fuori legge, con apposita normativa interna, questa orrenda pratica.
L’Italia è compresa in entrambi i numeri. Ma nel nostro Paese la legge contro la tortura non c’è ancora. È dal 1989, quando la Gazzetta ufficiale pubblicò la legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite, che le organizzazioni per i diritti umani la pretendono.
Nel 1999, la campagna per l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano ebbe un sostenitore illustre. Con l’interpellanza n. 2/01945 che lo vedeva primo firmatario, l’onorevole Silvio Berlusconi si chiedeva perché non fosse stato ancora introdotto il reato specifico di tortura, mancanza descritta come “inqualificabile inadempimento”.
Due anni dopo, diventò capo del governo e cambiò parere.
L’idea che in Italia il reato di tortura non serva perché non c’è la tortura o non sia opportuno perché rischierebbe di criminalizzare l’intero corpo delle forze di polizia è dura a morire. Per quattro legislature ha avuto un sostegno trasversale, che neanche una recente sentenza della Corte europea dei diritti umani sembra essere riuscita a scalfire.
In teoria, in questa quinta consecutiva legislatura in cui si discute di tortura, i numeri per approvare la legge ci sarebbero. Ma se i contrari sono compatti, i favorevoli si dividono tra chi vorrebbe difendere un testo non perfetto ma non in contrasto con la Convenzione contro la tortura e chi vorrebbe migliorarlo. Il rischio è che, dopo un passaggio al Senato e uno alla Camera e il ritorno del testo emendato al Senato, anche questa volta il parlamento non approvi la legge.
PS Il 3 giugno, il parlamento nigeriano ha approvato la legge contro la tortura, che ora attende la firma del nuovo presidente Muhammadu Buhari per entrare in vigore.