giovedì 9 aprile 2015

La Bosnia, le mine, i numeri di una tragedia

Sono circa 19.000 i campi ancora oggi minati in Bosnia Erzegovina. Il numero fa paura. Almeno un paio di milioni le mine anti-persona e gli uxos (ordigni bellici inesplosi) attivi sul territorio bosniaco. Nemici che si muovono, che si spostano a volte lentamente, altre con inquietante velocità. La velocità di un’alluvione, di una valanga, dello scioglimento, anno dopo anno, della neve invernale.
I numeri della morte parlano di almeno 603 civili censiti, saltati sulle mine dalla fine della guerra a oggi. Molti erano bambini. Quasi mille persone sono sopravvissute all’incontro casuale e spaventoso con un ordigno bellico inesploso, ma hanno subìto danni permanenti e amputazioni. Circa 830 di loro sono stati trattati per la riabilitazione e l’impianto di arti artificiali in Slovenia.
Se nel mondo sono 59 i Paesi in cui esistono pericoli legati alle presenza di mine anti-persona sul territorio, la Bosnia è il Paese più pericoloso d’Europa, in materia. Eppure la Bosnia rimane un Paese meraviglioso, da visitare almeno una volta. Ma poi è impossibile resisterle, quindi si torna e si ritorna. Non c’è nulla da fare. Il mal di Bosnia non si vince. Si coccola. Si alimenta.
Questo qualche dato su un Paese in cui circa duemila persone hanno scelto di fare gli sminatori per mestiere, guadagnando 700 euro al mese per rischiare la vita ogni singolo secondo. Di loro si parla in un articolo pubblicato in Bosnia sul Dnevnik. Ne sono già morti una cinquantina. Anzi, 47. Nella tombola, un numero significativo: il morto che parla. Ne moriranno altri. E nessuno se ne ricorderà, al di fuori dei loro famigliari.
La guerra non finisce con gli accordi di pace. La guerra continua, per anni, anche in tempi di pace. La guerra non concede sconti e la sua lunga mano nera intrisa di morte si allunga per anni, lustri, decenni sulle vite delle persone sopravvissute. Meglio non dimenticarlo mai.