mercoledì 14 gennaio 2015

Immigrazione, Italia nella “top five” delle rimesse all’estero e dall’estero

Da uno studio molto interessante di Eurostat risulta che l’Italia è il secondo Paese dell’Unione europea per rimesse degli immigrati verso i loro luoghi d’origine, ma è, al contempo, anche il quinto Stato dell’Ue a beneficiare di rimesse degli italiani emigrati all’estero.
Le rimesse sono tecnicamente invii di denaro che i migranti fanno a beneficio delle famiglie rimaste in patria. Gli immigrati, in virtù del loro lavoro all’estero, percepiscono un pagamento in valuta “pregiata” (nel caso dell’Italia, in euro), e parte dei proventi di questo lavoro vengono inviati, sempre in euro, nel Paese d’origine, dove i famigliari possono convertire le somme in valuta locale e usare il denaro per vivere fino al successivo invio di soldi.
Ebbene, secondo Eurostat nel 2013 le persone immigrate in Italia hanno inviato rimesse nel loro Paese d’origine per 6,7 miliardi di euro, il che ci rende il secondo Stato europeo in materia dopo la Francia, da cui sono uscite rimesse per 8,9 miliardi.
L’Italia però, sempre più Paese di emigrazione, beneficia a sua volta di rimesse per circa due miliardi di euro inviate da nostri concittadini che per lavorare hanno dovuto o voluto andare all’estero. In questa classifica l’Italia è quinta dopo Portogallo (5 miliardi), Polonia (2,8), Gran Bretagna (2,3) e Romania (2,1).
Il saldo negativo italiano nel gioco delle rimesse è dunque di 4,7 miliardi, secondo solo a quello francese, di 8,4 miliardi, visto che le rimesse di francesi che lavorano all’estero ammontano a circa mezzo miliardi di euro.
Tutto questo ce lo raccontano statistiche ufficiali raccolte attraverso il sistema bancario. Poi ci sarebbe da affrontare un altro discorso, ovvero quello relativo al genere di lavori svolti dai migranti in Italia, alle condizioni lavorative, alle protezioni sociali e ai contributi versati al fisco da chi ha la fortuna di avere un lavoro in regola.
Secondo i dati del Dossier statistico del 2013, nel 2012 gli stranieri in regola in Italia erano cinque milioni e il saldo attivo netto nel loro rapporto con il fisco nazionale era di 1,4 miliardi di euro.
Si potrebbe quindi concludere che gli immigrati svolgono i lavori che noi non vogliamo più fare o che faremmo se pagati meglio, rimpolpano le casse statali da decenni mal gestite e svolgono quel lavoro di cooperazione allo sviluppo che l’Italia si è costantemente astenuta dal fare o, se vogliamo, dal fare decentemente.