mercoledì 14 gennaio 2015

Croazia: brutto “esordio bosniaco” della nuova presidente della Repubblica, la nazionalista Grabar-Kitarović


A pochissime ore dalla proclamazione ufficiale della sua vittoria dopo il tirato testa a testa con il suo avversario, il presidente uscente, il socialdemocratico Ivo Josipović, la bionda e avvenente neo-presidente della Repubblica croata, la conservatrice nazionalista Kolinda Grabar-Kitarović è subito inciampata sulla prima “radice” bosniaca.
La quarantaseienne leader dell’Unione democratica di centro (Hrvatska demokratska zajednica, HDZ, il partito fondato dal generale Franjo Tuđman, padre nazionalista della Croazia nata dal disfacimento della Jugoslavia) ha infatti dichiarato davanti alla stampa croata la sua intenzione di appoggiare qualsiasi richiesta che dovesse provenire dai croato-bosniaci rispetto al governo centrale bosniaco di Sarajevo, inclusa la creazione di una terza Entità, da aggiungere a quelle che già oggi compongono il disastroso e ingovernabile mosaico bosniaco, ossia la Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH) e la Repubblica serba di Bosnia (Rs). Un approccio “invasivo” e ben diverso da quello del predecessore della Grabar-Kitarović, l’ex presidente Josipović, che all’atto della sua elezione, cinque anni fa, si era limitato a dichiarare la volontà croata di preservare in tutti i modi l’unità territoriale bosniaca da una possibile e sempre minacciata secessione della Rs.
La Grabar-Kitarović, già ministro degli Esteri dal 2004 al 2008, poi ambasciatore a Washington e infine segretario aggiunto della Nato per la diplomazia pubblica, ha vinto il ballottaggio dell’11 gennaio 2015 con Josipović per un soffio, sconfiggendo il presidente uscente con il 50,45% dei voti contro il 49,55%. Josipović aveva ottenuto la maggioranza relativa nel primo turno del 28 dicembre 2014 con l’1,2% di vantaggio sulla Grabar-Kitarović, brava però nello sconfiggere lo sfidante nei duelli televisivi e nel cavalcare la crisi economica della Croazia, entrare nell’Ue nel luglio 2013 e da allora piombata in un calvario sociale.
La Grabar-Kitarović resterà in carica per cinque anni. Che, per la polveriera balcanica mai sedata, potrebbero essere cinque lunghi anni, sia nei rapporti tra Zagabria e la Bosnia sia, ancor di più, in quelli con la Serbia e il suo sponsor russo.