giovedì 13 novembre 2014

Il Tpi dell’Aja rilascia Šešelj per motivi di salute. E lui fa un comizio

Preoccupati per le condizioni di salute di Vojislav Šešelj, il leader dell’ultranazionalista Partito radicale serbo (Srs), i giudici del Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia (Tpi) hanno infine deciso di rilasciare l’uomo, in attesa di sentenza per il processo intentatogli dalla giustizia internazionale per omicidio, atti inumani, persecuzioni per motivi politici, razziali e religiosi, sterminio e attacchi contro civili in Bosnia Erzegovina, in Croazia e nella regione serba della Vojvodina.
Šešelj è giunto ieri a Belgrado accolto da una folla festante di estremisti e da un nugolo di giornalisti. Il capo dell’ala più estrema della politica serba ha subito inscenato – a dispetto delle sue presunte cattive condizioni di salute – un acceso, per non dire violento, comizio contro gli attuali governanti serbi.
L’uomo – per oltre dieci anni deputato dell’Assemblea nazionale serba di quella federale della Repubblica jugoslava, vice primo ministro serbo dal 1998 al 2000 e sindaco di Zemun dal 1996 al 1998 – era stato estradato all’Aja con le accuse di cui sopra il 24 febbraio 2003 e attualmente è in attesa della sentenza del Tpi. Una sentenza che tarda stranamente ad arrivare, visto che le arringhe finali di accusa e difesa sono state pronunciate addirittura nel marzo del 2012.
La liberazione del criminale di guerra è stata accolta con grande amarezza e delusione dalle associazioni che si battono per i diritti umani e civili nei Balcani e dalle donne e madri di Srebrenica. “Nessuno si occupa delle vittime, tutti si preoccupano per i carnefici” ha detto, tra l’altro, la signora Munira Subašic, presidente di una delle tre associazioni bosniache delle donne di Srebrenica.
Quello dato dal Tpi con la liberazione di Šešelj è l’ennesimo, inquietante segnale di impunità a favore dei persecutori e dei criminali che negli anni Novanta hanno insanguinato senza sosta i Balcani. Probabile che la liberazione di Šešelj sia stata anche motivata dalla volontà di non ripetere un nuovo caso Milošević – l’ex presidente serbo morto all’Aja l’11 marzo 2006 – ma è probabile che la liberazione temporanea dell’ultranazionalista potesse essere gestita in modo diverso, magari costringendolo a rimanere sul territorio olandese in stato di semi-reclusione.