La
Procura bosniaca ha formalizzato ieri l’accusa di genocidio a due ex poliziotti
serbo-bosniaci che nel 1992-1995 hanno partecipato alla guerra di Bosnia dalla
parte dei genocidi serbi guidati dal generale Ratko Mladić. Si tratta di
Miodrag Josipović, 55 anni, ex capo della polizia di Bratunac, e lì residente, e di Branimir
Tesić, 59 anni, suo vice, residente in Serbia. Secondo la Procura, i due avrebbero partecipato alle
retate ai danni di civili musulmani bosniaci durante le fasi del genocidio
(11-19 luglio 1995), alla loro tortura, all’uccisione e all’inumazione delle
vittime in fosse comuni.
In
passato, sia nei miei libri che durante incontri pubblici, ho avuto modo più
volte di spiegare che Bratunac è stato uno dei buchi neri dell’orrore in Bosnia
Erzegovina e ancora oggi è un luogo carico di odio, livore ed estremismo
serbo-bosniaco. Di più, ho raccontato di musulmani bosniaci letteralmente rapiti,
anche in anni recenti, anche dalla polizia di Bratunac, portati in caserma, legati a
una sedia e picchiati. E ho raccontato la vicenda di Fata Orlović, capace di aprire gli occhi anche ai più ottusi difensori dell'estremismo serbo e serbo-bosniaco. Le accuse della Procura confermano una volta di più
quanto mi era stato raccontato da fonti attendibili e quanto avevo denunciato
con il mio lavoro. A Bratunac, in ogni caso, c’è ancora tanta pulizia da fare e
lì si nascondono ancora tanti responsabili del genocidio di Srebrenica. Magari anche per questo la politica serbo-bosniaca sta spingendo con tanta forza verso la secessione della Repubblica serba di Bosnia dalla Bosnia Erzegovina. Ci sono evidentemente ancora parecchi scheletri nell'armadio da nascondere.
Per
capire le dinamiche della corruzione nella polizia e nella politica
bosniaca-erzegovese e per comprendere come funzionino realmente le cose sul
campo, vi consiglio, oltre ai miei vecchi lavori, il nuovissimo I BASTARDI DI SARAJEVO, in uscita a metà ottobre.