lunedì 8 settembre 2014

Dedicato (amaramente) a chi vuole vincere un grande premio letterario italiano

Questo post è dedicato a tutti gli autori – e aspiranti autori – che in buona fede stressano i loro editori con domande di questo tenore:
“Perché non hai iscritto il mio libro al premio letterario Tal de’ Tali”?
“Perché non credi abbastanza in me e nel mio lavoro e non mi iscrivi a qualche premio, così lo vinciamo”?
“Perché, per colpa tua, non ho vinto premi letterari”?
Eccetera eccetera eccetera…
In dieci anni di – mi permetto di dire – onorata carriera da editore, diversi autori mi hanno accusato di remare contro le loro prospettive di carriera non avendoli iscritti a premi anche importanti.
Io spiego sempre le ragioni dietro a questa scelta, ma io, la mia socia/amministratore e tutti gli altri oramai siamo stanchi di spiegare sempre le stesse cose. Allora, meglio far parlare le cifre. Queste, in particolare, ci sono arrivate attraverso la rete dell’Osservatorio degli editori indipendenti (Odei), di cui Infinito edizioni è socio fin dalla nascita dell’associazione stessa.
L’ultima stagione, il 2014, dei grandi premi letterari italiani ha confermato (ribadisco: confermato), secondo i dati disponibili e non difficilmente reperibili anche in rete, che fra i vincitori si affacciano di rado o quasi mai gli editori indipendenti. Considerando alcuni fra i principali premi letterari – Strega, Campiello, Viareggio, Mondello, Bottari-Lattes Grinzane Cavour, Von Rezzori, Flaiano, Rapallo-Carige, Bagutta... – su 46 tra vincitori e finalisti, gli scrittori usciti con editori indipendenti sono sei. Fra questi, due i vincitori: uno (con l’editore Fandango, che forse non può essere definito un piccolo editore) ha vinto una sezione del Mondello, l’altro (con l’editore Nutrimenti, che invece è un ottimo piccolo editore) il premio Opera Prima del Bagutta. Al Premio Strega, la posizione massima che un editore indipendente ha potuto finora raggiungere è l’ultima fra i finalisti. Gli altri quaranta libri appartengono tutti ai Gruppi Einaudi-Mondadori, Gems, Rcs e a Feltrinelli.
L’impressione – ma si dice così per essere politically correct, in realtà è un’evidenza – è che i grandi premi letterari rappresentino l’anello conclusivo della filiera dei grandi editori. In sostanza, vincono loro perché sono più forti, più ricchi, più potenti e, soprattutto – badate, ormai è drammaticamente così – perché nella crisi terribile che caratterizza il settore, sono quelli che ne hanno più bisogno per vendere di più e non dover licenziare o mettere dipendenti in cassa integrazione. A differenza degli indipendenti, quelli buoni, come Infinito edizioni, che lavorano solo sulla qualità e possono, per assurdo, fare a meno di prostrarsi per cercare di vincere un premio, perché il vero premio – cosa che tutti gli autori dovrebbero capire – viene dal gradimento dei lettori, dalle loro e-mail, dalla loro partecipazione attiva alle presentazioni, dal passaparola, dalla presenza di un titolo sui social network. Per ottenere questo tipo di successo devono spendersi tutti in prima persona, nella filiera: editore, autore, distributore, librai, media.
Forse leggerete questo post, cari autori, e da oggi capirete meglio e di più come stanno esattamente le cose. Diversamente, non mancherò di girarvene il link, ogni volta che ci accuserete di non volervi far vincere premi letterari. Quasi fosse una nostra scelta, piuttosto che un condizionamento evidente imposto al mercato da certi decision maker.
Questo vuol dire che è meglio pubblicare con un grande editore, perché costui è in grado di farvi vincere un premio letterario importante?
Amici cari, allora o siete davvero amabilmente innocenti e ingenui, oppure vi ostinate a non voler capire come funzionano le cose in Italia…