venerdì 1 agosto 2014

Bosnia, gravi aggiornamenti dalla tragedia dell’alluvione e dal marasma politico

Nei giorni scorsi è ripreso a piovere sugli alluvionati dello scorso maggio, nell’est e nel nord della Bosnia. Le case alluvionate rimaste in piedi non sono ancora del tutto asciutte e migliaia di persone rimangono a vivere – e chissà per quanto tempo ancora – in alloggi improvvisati, spesso in tante persone in una sola stanza. È il caso del campo profughi – s’intende profughi della guerra del 1992-1995! – di Mihatovici, fuori Tuzla, trasformatosi dal maggio scorso in un luogo ad alto rischio umano e sociale. Mihatovici – luogo orrendo in cui vivere, privo dei più elementari servizi – è diventato una bolgia sovraffollata, in cui ormai le famiglie non possono neanche più allontanarsi dalle loro baracche per il rischio che queste vengano occupate da terzi. A Mihatovici regna l’anarchia e lo spaccio di droga e la prostituzione crescono a dismisura, nel disinteresse delle autorità del Cantone di Tuzla. Che, come sanno ben fare i politici di tutto il mondo, preferiscono nascondere e insabbiare, vista anche la vicinanza fastidiosa – per loro, alla ricerca di difficili consensi – delle elezioni.
A proposito di elezioni e di disastri provocati dalla politica, giungono aggiornamenti dalla Repubblica serba di Bosnia (Rs), dove, all’indomani dell’alluvione, i nazionalisti serbo-bosniaci s’erano lanciati nella promessa di un bonus di 5.000 marchi convertibili a favore degli alluvionati.
Orbene, nella Rs è cominciata ufficialmente la distribuzione dei buoni dell’importo di 5.000 KM, con l'obbligo di presenza delle telecamere e dei più alti rappresentanti delle autorità locali, dopo i primi scandali registrati lo scorso giugno, allorché capibastone locali avevano cercato di approfittare dell’alluvione per farsi rifare casa. Ma una volta intascato il buono, ecco gli inevitabili problemi. Molte imprese che avevano firmato un impegno con il governo della Rs per l’incasso dei buoni stanno chiudendo oppure stanno aumentano notevolmente i prezzi dei prodotti necessari alla ristrutturazione di una casa. Non c’è la possibilità di rescissione del contratto per le imprese che hanno firmato l’accordo con il governo e adesso le stesse stanno cercando le garanzie, che non ci sono e forse non ci saranno, dalle banche. I buoni, tra l’altro, possono essere usati dai pochi che al momento li hanno ricevuti solo nella Repubblica Srpska, anche se magari chi ha subìto danni vive a pochi chilometri o a poche centinaia di metri dalla Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH), dove i prezzi dei prodotti utili sono rimasti molto più bassi.
Sarebbe addirittura sorto una specie di mercato nero dei bonus della Rs, con i buoni da 5.000 KM venduti a 3.000 KM o anche a meno pur di avere il contante subito. Insomma, un vero e proprio – l’ennesimo – disastro.
Nella Federazione non va di certo meglio, visto che gli amministratori non hanno, al momento, ancora organizzato nulla a sostegno degli alluvionati. È stata approvata, è vero, la decisione di costituire un fondo di solidarietà, ma alcun passo successivo al momento è stato mosso, per cui non si sa ancora – e forse mai si saprà – chi e come andrà a gestire il fondo, chi e come controllerà la (auspicabile ma difficile) trasparenza della gestione, i criteri per la distribuzione delle eventuali risorse e così via.
Il malcontento degli alluvionati è sempre più grande, per qualcuno sfiora o va ben al di là della disperazione. La politica è totalmente sorda ai bisogni dei cittadini, è in campagna elettorale ed è ben decisa, una volta di più, a non rinunciare a neppure un privilegio. Nuove manifestazioni di protesta sono alle viste e il rischio è che stavolta siano molto più violente di quelle registrate nella prima metà del 2014, perché molte persone oggi non hanno più nulla, neppure un letto in cui tornare a dormire alla sera, e la disperazione rischia d’essere una cattiva consigliera. Questo potere bosniaco non si porrà troppi problemi nel mandare i militari a contrapporsi con la popolazione che scenderà in piazza per protestare. Oggi come non mai viene purtroppo spontanea una drammatica domanda: che ne sarà della povera Bosnia Erzegovina stuprata dalla guerra e definitivamente distrutta dagli Accordi di Dayton?