giovedì 3 luglio 2014

Srebrenica, 19 anni dopo – pensieri per l’anniversario: Tullio Bugari

Quel giorno di luglio mi trovavo in un'assolata e pigra Ancona, di mare e di vacanza. Allora non c'era il web ma le notizie rimbalzavano ugualmente veloci, qualcosa avevo letto e capito, seguivo già con attenzione le vicende di quella guerra e mi feci subito un'idea dell'enormità che stava accadendo, sentendomi addosso un senso d'impotenza totale. Divenne questo l'argomento a pranzo, in una trattoria del centro, tra "compagni", in quegli anni in cui tutto era diventato "ex", dal comunismo, alla Jugoslavia, al blocco sovietico e un po' anche a molti di noi stessi. Il massacro di cui giungeva notizia sembrava così grande da non essere creduto, così non mancò nemmeno qualcuno, forse "più nostalgico" di altri, definì il tutto "propaganda capitalista" per mettere in cattiva luce gli ultimi difensori del socialismo, identificati in quel caso con il governo di Milosevic e i suoi alleati. Mi rendo conto che questo tipo di discussioni  dopo quasi vent'anni sembrano altrettanto irreali. Non so perché in genere di fronte a queste stragi, il mio primo pensiero va sempre all'incredulità, e di conseguenza all'indifferenza e superficialità di chi ascolta. Certo, la propaganda esiste davvero e ogni notizia va vagliata, ma, appunto, vagliata e non accettata per fede o respinta con pregiudizio. Mi vengono in mente, ad esempio, i tanti che muoiono in barca nel Mediterraneo, tra l'indifferenza e il pregiudizio dei molti, che non ne vogliono sapere di quel dramma. Ma potrei citare anche le tante guerre odierne, nel mediterraneo. Srebrenica è questo buco nero delle nostre contraddizioni e delle nostre impotenze. Impotenza nel non renderci abbastanza autonomi e critici di fronte alle vere propagande, quelle dei nazionalismi e dei razzismi, che non si limitano a inventare un singolo fatto ma cambiano nel tempo, lentamente ma in modo duraturo, i nostri linguaggi e il modo di vedere la realtà, distorcendo noi stessi le notizia quando ci arrivano. In guerra e nelle stragi di questo tipo, di solito è anche la nostra ragione critica che muore. Mi viene in mente questo su Srebrenica.

Tullio Bugari
Scrittore, sindacalista