giovedì 10 luglio 2014

Srebrenica, 19 anni dopo – pensieri per l’anniversario: Gian Matteo Apuzzo

Viaggiando per i Balcani ci si rende conto che Srebrenica è un luogo dove bisogna volerci arrivare, non è un punto di passaggio. È un punto di arrivo. Così come fisicamente, anche mentalmente a Srebrenica bisogna arrivarci, e una volta arrivati, è difficile tornare indietro. È come una sospensione della storia, della memoria, un luogo non-luogo di ciò che è stato e ciò che è ancora la recente storia dei Balcani. Ho sempre pensato che i luoghi come Srebrenica vanno abitati, fisicamente e mentalmente, perché da lì invece occorre ripartire, sapendo che le memorie non si cancellano. La pace ha bisogno del rispetto delle memorie ma anche ugualmente di parole di futuro, sapendo che la guerra nei vari luoghi dei Balcani ha confuso e confonde ancora vittime e carnefici. Anche noi europei siamo stati allo stesso tempo vittime e carnefici di Srebrenica: carnefici quelli che hanno permesso che succedesse, sia fisicamente presenti lì nei giorni della tragedia, sia a distanza nell’indifferenza politico-istituzionale; vittime quelli che vedevano e vedono i Balcani come una parte di Europa e Srebrenica come una ferita per l’Europa tutta. Siamo tutti coinvolti ora come allora, facciamo quindi che non sia sempre degli altri la responsabilità del passato e anche quella  della costruzione di futuro.

Gian Matteo Apuzzo
Scrittore, sociologo, docente universitario