Sarebbe
di circa 85.000 il numero delle persone sfollate a causa delle alluvioni della
scorsa metà di maggio nel nord e nell’est della Bosnia. Il numero è tanto più
impressionante se si pensa che vi sono ancora 43.000 persone sfollate che
vivono in baracche o campi profughi dalla fine della guerra del 1992-1995. Tra
i nuovi sfollati – che nessuno sa se e quando potranno avere una nuova casa in
cui tornare – moltissimi i minori.
Intanto
le cifre aggiornate calcolano in circa 4 miliardi di marchi convertibili – pari
a circa 2 miliardi di euro – l’ammontare dei danni provocati dall’alluvione.
Una cifra enorme, se si calcola che il prodotto interno lordo nazionale bosniaco
ammonta a circa 32 miliardi di euro. La cosa politicamente più interessante e
squallida, in materia di cifre, è data dal fatto che l’unità nazionale bosniaca
per i nazionalisti, se mai c’è stata, è durata lo spazio di poche settimane,
visto che già i politicanti delle due Entità in cui gli accordi di Dayton hanno
discutibilmente e arbitrariamente diviso il Paese – Federazione di Bosnia
Erzegovina e Repubblica serba di Bosnia – hanno cominciato a reclamare i danni
maggiori sminuendo quelli degli altri e quindi, nell’inevitabile balletto, gli
aiuti più cospicui da parte della comunità interazionale.
Aiuti,
per fare cosa? Al momento, non è dato in effetti sapere. La sola Repubblica
serba ha promesso, per ora, 5.000 marchi convertibili (2.500 euro) a favore
degli alluvionati. Però non è stato chiarito quando saranno erogati e in base a
quali princìpi. Promettere, come ben noto, non vuol dire (quasi mai) mantenere.
La stampa bosniaca ha però, nel frattempo, riportato la vicenda di un ex alto
funzionario di Doboj, in Repubblica serba di Bosnia, che ha denunciato danni
alla sua casa per 200.000 marchi convertibili (100.000 euro) e che, alla
constatazione del giornalista autore dell’articolo dell’inverosimiglianza dei
danni stimati, ha freddamente commentato che magari c’è stato un errore e che
lo farà correggere. Insomma, i “furbi” hanno già cominciato a lavorare per
mettere mano a un pezzo di aiuti umanitari, trasformando nel loro ennesimo
paradiso quel che per i comuni cittadini è stato un vero inferno.Intanto in Bosnia ricomincia a piovere e la gente non è affatto tranquilla, mentre gli aiuti umanitari continuano ad affluire grazie alle donazioni e all’impegno di provati e cittadini e associazioni. Il consiglio è sempre di prediligere associazioni piccole e serie con contatti forti sul territorio piuttosto che i carrozzoni degli aiuti umanitari, che spesso trasformano in occasione per se stessi, sprechi e “stipendifici” le tragedie degli altri.