venerdì 9 maggio 2014

“La guerra contro l’Austria-Ungheria è vinta”: ipocrisie e prosopopea di una targa appesa a un muro


In piazza della Libertà a Macerata, proprio sotto la bella torre da cui s’ammira il centro della cittadina marchigiana, ho letto casualmente sotto la pioggia di un sabato di neri cirri e bombe d’acqua (pensate alla tragica morte di due persone nella vicina Senigallia) il testo di questa targa, che col passare degli anni avevo un po’ rimosso e m’ha lasciato assai perplesso, mentre sotto i portici un gruppetto di poliziotti con poco da fare s’esibiva nel baccano di una trentina di hooligans dei tempi che furono sul piede di guerra:

Regio Esercito Italiano
Comando Supremo
Bollettino di guerra numero 1268
4 novembre 1918 – ore 12

La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, Duce Supremo, l’Esercito Italiano inferiore per numero e per mezzi iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.

La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 ottobre ed alla quale prendevano parte 51 divisioni italiane, 3 britanniche, 2 francesi, 1 cecoslovacca ed 1 reggimento americano contro 73 divisioni austro-ungariche è finita.
La fulminea arditissima avanzata del XXIX corpo d’armata su Trento sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della 7° armata e ad oriente da quelle della 1, 6, 4 ha determinato ieri lo sfacelo totale del fronte avversario.
Da Brenta al Torre l’irresistibile slancio della 12°, 8°, 10° armata e delle divisioni di Cavalleria ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.
Nella pianura S.A.R. il Duca D’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta 3 armata anelante di ritornare sulle posizioni da essa già gloriosamente conquistate che mai aveva perdute.
L’Esercito Austro-Ungarico è annientato. Esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni di lotta e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiali di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini ed i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa 300.000 prigionieri con interi stati maggiori e non meno di 5000 cannoni.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti italiani del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.
A. Diaz

Quel che colpisce in questa targa, che è poi la millenarizzazione nella pietra del bollettino firmato dal generale Diaz, sono due cose: l’improvvisa crisi di amnesia del comandante in capo dell’esercito regio e la prosopopea insopportabile di una classe dirigente al potere. Le due cose si sostengono l’una con l’altra. Interessante il fatto che il bottino di guerra ai danni del secolare nemico austriaco sia stato ingente, soprattutto in termini di cannoni, ma cosa è rimasto agli italiani del tempo da quella che è stata una delle guerre più sanguinose dell’umanità, costellata di genocidi e di truci eventi? Sono rimasti i campi incolti, le malattie e le pance vuote, le case vuote, vuote anche dei famosi ragazzi del ’99, quei tanti Mario, Antonio, Giuseppe, Francesco e così via che, ancora bambini, vennero inviati al fronte per tamponare con la loro carne e il loro sangue l’ottusità, l’arroganza e la sete di potere mascherata da patriottismo dell’inefficiente, bugiarda e mediocre monarchia sabauda.
In quattro anni e tre mesi di scontri, la prima guerra mondiale vide perire circa 2 milioni di soldati tedeschi, oltre un milione di austro-ungarici, circa 770.000 turchi, quasi 100.000 bulgari, circa 2 milioni di russi, quasi 1,5 milioni di francesi, 1,2 milioni di soldati dell’allora Impero britannico (buona parte dei quali “coloniali”, come i francesi), 250.000 rumeni, 120.000 statunitensi. E gli italiani? Si parla di 650.000 soldati morti, oltre alle violenze commesse sulle popolazioni locali interessate dagli spostamenti degli eserciti, dai cannoneggiamenti, dai saccheggi. Circa dieci milioni di morti e oltre 21 milioni di feriti fu il risultato finale, approssimativo, dei quei 41 mesi di guerra. Ma parliamo dei soli militari. A costoro vanno aggiunti circa sei milioni di civili morti a causa di carestie, malattie, vendette e violenze provocate dalla guerra. Un altro milione di civili circa perì come conseguenza diretta delle operazioni militari. La somma fa circa 17 milioni, approssimata per difetto.
Di questo nel bollettino di Diaz non c’è notizia. Ma si parla, con prosopopea, dei cannoni recuperati al nemico.
Ci sta, i tempi erano quelli che erano e gli italiani erano e sono quel che erano e sono.
Sotto la pioggia di Macerata, mi chiedevo: a che cosa sono serviti i sacrifici di tutti quegli esseri umani, di tutti quei ragazzi incartati con la forza in un’uniforme e che spesso nemmeno parlavano la stessa lingua tra commilitoni, perché l’Italia era ancora lungi dall’essere fatta e ancor di più gli italiani, se poi ci ritroviamo con l’Italia di oggi, la classe politica di oggi, gli italiani di oggi?
Non ho risposta e sicuramente questa semplice riflessione potrebbe scatenare le più curiose e opposte polemiche. Ma se tutti quei sacrifici sono serviti a fare l’Italia che abbiamo oggi, alle telecamere spianate su un vecchio condannato in terzo grado che va a fare quattro ore a settimana di servizio sociale mentre in galera vivono un inferno decine di migliaia di persone che hanno commesso molto meno (e forse nemmeno l’hanno fatto), mentre gli ospedali psichiatrici giudiziari, vergogna e orrore tutto italiano, ancora esistono e sono pieni, mentre sempre più persone vivono sotto la soglia di povertà e i politicanti litigano per futilità perché non hanno bisogno di riempire nell’immediato la pancia, mentre i corrotti di ieri, di quell’inutile pagina che fu Tangentopoli, vanno a braccetto con i corrotti di oggi… beh, davvero: a che cosa sono serviti tutti quei sacrifici e che senso ha continuare a tenere attaccata al muro che s’affaccia su una bella piazza quella targa bugiarda e carica di mediocre prosopopea?