L’associazione
delle Madri di Srebrenica ha citato in giudizio all’Aja in sede civile lo Stato
olandese poiché i caschi blu olandesi, sotto il comando del colonnello Ton
Karremans, “non impedirono l’uccisione di migliaia di civili”, venendo meno “al
principio prevalente della protezione dei civili”, come ha dichiarato uno dei
legali del gruppo di donne sopravvissute al genocidio del luglio 1995.
Purtroppo
il ricorso ha poche speranze oggettive di portare a una vittoria legale delle
ricorrenti poiché la dismissione dello stato di belligeranza da parte dei
caschi blu e il conseguente abbandono dei civili bosniaci musulmani alle
torture e alle uccisioni di massa da parte degli assassini guidati dal generale
serbo bosniaco Ratko Mladić e dell’immondizia paramilitare serba fu decisa in
sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Bisognerebbe dunque portare
in giudizio i cinque Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e le
Nazioni Unite stesse, il cui segretario generale al tempo era il mediocre
Boutros Boutros Ghali, per poter sperare di avere una qualche soddisfazione,
almeno in sede civile. Poiché questo è impossibile – ma profondamente ingiusto –
l’operazione va interpretata soprattutto come un tentativo di continuare a
tenere desta l’attenzione sul genocidio di Srebrenica, a un anno e mezzo scarso
dal ventennale di quella immane tragedia e in tempi di amaro e vergognoso
negazionismo alimentato dalla ventata estremistica che scuote l’intera Europa.