giovedì 3 aprile 2014

Banja Luka vuole la secessione, ma Belgrado risponde no

“La Serbia ama la Repubblica serba di Bosnia (Rs), difende l’identità della Rs quale entità nata dagli Accordi di Dayton ma, al tempo stesso, la Serbia rispetta l’integrità territoriale della Bosnia Erzegovina”. È quanto ha dichiarato il vice primo ministro serbo Aleksandar Vucic all’emittente radiofonica Deutsche Welle, nel corso di un’intervista.
Dopo l’esito scontato del referendum imposto con la forza dalla Russia all’Ucraina, con conseguente annessione della Crimea a Mosca, il presidente dell’entità a maggioranza serbo-bosniaca, l’estremista milionario Milorad Dodik, è tornato a più riprese a invocare il diritto della Rs d’imboccare la via della secessione, sperando nella sponda di Belgrado – a cui il governo nazionalista serbo-bosniaco di Banja Luka vorrebbe fondersi per creare una cosiddetta Grande Serbia – e in quella, quasi scontata, di Mosca, visti gli eccellenti rapporti personali tra Putin (e la sua ristretta cerchia di oligarchi) e Dodik (e relativo codazzo di affaristi in salsa serbo-bosnaica).
Belgrado, tuttavia, come già più volte accaduto in passato, attraverso Vucic ha escluso qualsiasi sostegno all’ipotesi secessionista serbo-bosniaca, aggiungendo nell’intervista rilasciata all’emittente radiofonica tedesca di sperare “che la Rs tenga conto di questo”. Le parole di Vucic sono ancora più pesanti se si pensa che questi è il principale candidato, dopo l’ultimo turno elettorale in Serbia, a ricoprire la carica di primo ministro. Questo sempre che le parole abbiano ancora un valore.
Prima ancora della Serbia, in passato già più volte Croazia e Turchia (grandi investitori in Bosnia) si erano espresse a favore del mantenimento dello status quo in Bosnia Erzegovina ma anche, almeno formalmente, Stati Uniti e Unione europea non vedono di buon occhio la secessione serbo-bosniaca dalla Bosnia Erzegovina. Probabilmente non tanto per il fatto che la Rs è un’entità auto-proclamatasi illegalmente durante la guerra del 1992-1995 e poi riconosciuta con gli Accordi di Dayton del novembre 1995, nonostante la Repubblica serba di Bosnia sia di fatto stata fondata sulla pulizia etnica e sullo stupro etnico; quanto per il fatto che un nuovo focolaio di instabilità in questo momento in Europa – con la questione dell’Ucraina dolorosamente aperta – sarebbe visto molto male sia da Bruxelles che da Washington e porterebbe in questa fase vantaggi strategici esclusivamente a Mosca. Il che, in tempi di riedizione della guerra fredda, potrebbe determinare non pochi grattacapi a Occidente.