Un
interessante articolo di Italintermedia
segnala come ormai siano un numero compreso tra 85 e 90 i milionari (in euro,
non certo in marchi convertibili) di cittadinanza bosniaca con un capitale
personale di almeno trenta milioni di euro. Il numero dei tycoon bosniaci è aumentato di una ventina di unità nel corso del
2013 e la somma delle ricchezze di costoro si aggirerebbe intorno ai 6,5
miliardi di euro.
La
presenza di un rilevante numero di ricchi in Bosnia Erzegovina non è una
novità. Si sa da anni che dallo sfaldamento della Jugoslavia socialista sono
usciti circa 500 milionari (in euro), una buona metà dei quali risiede in
Croazia, mentre gli altri sono sparpagliati negli altri Paesi della regione, a
cominciare dalla Serbia e dalla Bosnia. Di questo e di molto e
approfonditamente altro ho raccontato in “Bosnia Express”. Quel che va
ulteriormente sottolineato è quanto segue:
- i capitali accumulati da
costoro hanno spesso, se non sempre, oscure origini;
- nessuno ha mai osato né mai
oserà, per ovvie ragioni di sicurezza personale, indagare sull’origine di
questi arricchimenti (di personaggi che, in fin dei conti, hanno vissuto
in un Paese socialista in cui l’accumulazione capitalistica era, di fatto
e per legge, vietata…);
- si tratta, in buona parte,
oltre che di soldi fatti in modo eticamente e moralmente discutibile, di denari
improduttivi, che quindi non vengono reinvestiti per creare occupazione e
ricchezza in una società in cui lo stipendio medio si aggira intorno ai
400 euro al mese e la disoccupazione (almeno in Bosnia) oscilla tra il 45
e il 50 per cento;
- buona parte di questi tycoon ha messo le mani, grazie a questi capitali, sui media e sulla politica locale, utilizzando il Paese come loro strumento di controllo per confermare il loro status sociale e farsi gli affari propri.
Quando si
parla di estendere l’ingresso dei Paesi balcanici all’Unione europea (e la
Croazia è appena entrata – luglio 2013 – come tutti sanno), le teste d’uovo di
Bruxelles dovrebbero forse fare più caso al fenomeno sopra descritto, perché
far entrare questi Paesi nell’Europa comune senza far luce sull’origine di
certi capitali vuol dire spalancare le porte a un’infezione. Un’infezione che
sta colpendo con lo strumento della repressione, della propaganda
nazionalistica e della fame, milioni di esseri umani. Nel silenzio
sconcertante, ma ormai consueto, di Bruxelles e delle teste d’uovo europee.