venerdì 8 novembre 2013

Mostar, vent'anni fa i barbari abbattevano lo Stari Most

Vent'anni fa, la mattina del 9 novembre 1993, il Ponte Vecchio di Mostar, lo Stari Most, l'edificazione ottomana del XVI secolo che dà il nome alla bella città erzegovese, veniva abbattuto.
Un'azione vigliacca figlia della guerra nella guerra, il conflitto tra croato-bosniaci e musulmani bosniaci esploso pochi mesi prima, dopo l'aggressione serbo-bosniaca della primavera del 1992 alla neonata Bosnia Erzegovina.
Qualche colpo di cannone ben assestato, sparato da Mostar Ovest, roccaforte croato-bosniaca, devastava l'antico ponte e ne precipitava le macerie nelle profonde acque sottostanti della verde e sinuosa Neretva, da qualcuno conosciuta anche col nome italianizzato di Narenta.

Quel capolavoro bianco, scivoloso e a schiena d'asino che univa le due parti della città, con un sordo boato e una nuvola di polvere malvagia non c'era più. Per pochi istanti restarono gli schizzi d'acqua e i cerchi concentrici sulla superficie della Neretva a testimoniarne l'esistenza, poi solo il fantasma di mezzo millennio di unione e fusione delle due rive della città, in breve trasformato in amaro ricordo. Resta difficile - ma tremendamente verosimile - pensare alle pacche sulle spalle dei criminali che effettuarono quel tiro balistico perfetto, quell'omicidio storico e culturale nell'eccidio umano e civile di una città.
Nove anni fa il ponte è tornato a unire Mostar. Ma è un ponte completamente nuovo, per quanto pressoché identico all'originale. Più pulito, più scivoloso, se possibile, ma ancora acerbo. Il nuovo ponte ha ripreso la sua funzione originaria di elemento di coesione cittadina e sociale e di trampolino estivo per le suggestive e pericolose gare di tuffi nella gelida Neretva. Per ora funziona meglio come trampolino e come oggetto d'attrazione turistica, è vero. Ma la speranza è l'ultima a morire.
Serviranno cinquecento anni per pacificare gli abitanti delle due rive della stessa città? Nazionalismi permettendo, forse occorrerà molto meno. Ma ci vorrà la buona volontà di tutti, affinché questo possa avvenire. Di tutti, non solo dei mostarini e dei bosniaci di buona volontà.
Pace a Mostar e dialogo, e l'augurio, tra trent'anni, di ricordare il cinquantesimo dell'abbattimento del ponte non più da nemici ma, finalmente e di nuovo, tra fratelli.