Nove
cittadini serbi, attivisti per i diritti umani, sono partiti lo scorso 8 luglio
da Belgrado per raggiungere in bicicletta Srebrenica, la città in cui dall’11
al 16 luglio 1995 le truppe serbo-bosniache agli ordini di Ratko Mladic e i
paramilitari serbi torturarono e massacrarono un numero ancora imprecisato di
bosniaci musulmani, compreso tra 8.500 e 10.701.
I nove
attivisti serbi, con la loro iniziativa, intendono “mostrare solidarietà alle
vittime del genocidio di Srebrenica e alle loro famiglie oltre che ricordare ai cittadini serbi la necessità
di affrontare i crimini che sono stati commessi in loro nome", ha
dichiarato a nome del gruppo Nina Sjurdjevic Filipovic, una delle organizzatrici
della coraggiosa ed estemporanea iniziativa.
Dopo tre giorni di pedalata, gli attivisti
arriveranno domani, 11 luglio, nella cittadina oggetto del genocidio del 1995. I
ciclisti percorreranno complessivamente 220 chilometri su strade tutt’altro che
adatte ad andare in bicicletta, piene di buche, curve e sconnessioni e percorse
da parecchi camion a velocità elevata. Strada facendo si sono fermati e si
fermeranno in alcune cittadine per ricordare a chi li vorrà ascoltare “il ruolo
che la Serbia ha avuto durante la guerra di Bosnia, rendendo conto dei fatti
che sono stati accertati da una corte internazionale per non aver evitato il
genocidio di Srebrenica”.
L’iniziativa, per quanto
tardiva, è la prima del genere dopo 18 anni dal genocidio e rappresenta
un’apertura inedita e importante in questa fase di rigurgito dei nazionalismi
balcanici. La biciclettata giunge, tra l’altro, due mesi dopo le scenografiche
scuse televisive del presidente serbo Nikolic, in ginocchio davanti a una
telecamera della tv bosniaca durante un’intervista. Se la sceneggiata di
Nikolic – da sempre amico o contiguo politicamente di alcuni dei principali
leader ultranazionalisti che hanno avuto un ruolo attivo nella guerra di Bosnia
e nel genocidio di Srebrenica – ha una chiara spiegazione politica, la
biciclettata sembra invece un atto di ribellione genuina contro l’omertà
imposta per anni da Belgrado sulla tragica e amara questione di Srebrenica ed è
un atto coraggioso che, speriamo, potrà avere un seguito negli anni a seguire.
E che sicuramente non potrà non fare piacere alle donne di Srebrenica, che da
due decenni lavorano incessantemente per non far dimenticare al mondo le sue
responsabilità (gravissime) sul genocidio di bambini e uomini d’età compresa
tra 12 e 76 anni.