lunedì 4 aprile 2011

“Alias MM”, un refolo di vento buono per un’Unità d’Italia vista dal Sud – intervista a Pino Sassano


Napoli-New York-Lauria, 1860-1966: in ALIAS MM di Pino Sassano le vicende di una famiglia s'intrecciano strettamente con la Storia d'Italia, attraverso i mutamenti politici e sociali indotti dall'Unità nazionale, dal fascismo, dalla guerra e dagli anni del boom. Uno spaccato unico e originale, visto dal nostro Sud, del Paese, degli Stati Uniti negli anni della Grande Depressione, del ruolo transnazionale della mafia, del dramma ma anche della grande occasione rappresentata dall'emigrazione verso terre più ospitali della nostra Italia di allora. I protagonisti di questo bellissimo libro d’esordio – magistralmente scritto da Sassano e altrettanto magistralmente curato dallo scrittore Francesco De Filippo – intrecciano il loro vissuto con diversi momenti del processo unitario nazionale, soprattutto ma non solo a Napoli. Lì, il capostipite Mario Mignone si confronta con le illusioni dei grandi movimenti politico-sociali della seconda metà dell’Ottocento, subendo gli intrighi spionistici dello scacchiere internazionale. Sempre a Napoli, il figlio Giovanni vive intensamente la belle èpoque e il tentativo di sviluppo industriale all’inizio del Novecento, trovandosi invischiato nell’attentato anarchico di Gaetano Bresci a Re Umberto I. Milly, sua figlia, soubrette che calca le scene di tutt’Italia, durante il Ventennio sperimenta la prepotenza del regime fascista e la sua invasività nella vita privata ed è costretta a emigrare. Alias MM è il nipote omonimo del capostipite. Negli anni Sessanta, sul letto di morte in Basilicata, nella sua Lauria, si lascia andare a ricordi che ricostruiscono gli avvenimenti famigliari, intrecciati a quelli del Paese.
Di questo ottimo libro d’esordio abbiamo parlato con l’autore, Pino Sassano, oggi importante libraio nel centro di Cosenza.

“Alias MM” è un libro magnifico e quasi si potrebbe stentare a credere che si tratta di una “opera prima”, visto non solo il grande respiro del lavoro ma anche l’evidente dimestichezza nell’uso sia dell’italiano sia del napoletano parlato. Che cosa scatta a un certo punto dentro a uno dei più importanti librai del Meridione italiano per spingerlo a mettersi alla prova con un libro così importante?
Diciamo che a un certo punto – sarà l’età che incalza – senti il bisogno di tirare le fila della tua esperienza. E l’esperienza ha a che fare con la memoria, con i ricordi. Ti viene la voglia di metterli in ordine, ‘sti benedetti ricordi. Ecco: scrivere è un modo per fare ordine nel repertorio, nell’archivio della memoria. Un po’ come quando vuoi fare i conti delle spese fatte nel mese: prendi il taccuino e cominci a elencarli a ritroso. Certo: se sei ragioniere li riporti con la correttezza della “partita doppia”. Ti viene facile, naturale, visto che lo fai per professione. Io faccio il libraio e amo leggere. Per cui m’è venuto facile scrivere i conti – anzi: “i cunti” – nell’italiano dei tanti libri letti per passione e professione, nonché nel napoletano verace del mio nonno materno. Lingua che è la colonna sonora dei fatti raccontati alla tavola di una famiglia numerosa come la mia.


Da dove nasce l’ispirazione per scrivere “Alias MM”? Quanto della famiglia Sassano c’è nelle vicende narrate, quanto dell’amore per la storia, quanto dell’amore per l’Italia e la sua enorme complessità?
Da un sogno. L’ispirazione nasce da un sogno: io sto tornando a casa, stanchissimo dopo una giornata di lavoro sfiancante. Apro la porta d’ingresso e non mi ci raccapezzo più. Non la riconosco, la mia casa. Mi è estranea. L’entrata, la disposizione delle camere, i mobili… Mi inoltro. Passato un corridoio basso e stretto, apro la porta di una stanza e chi ci sta? Mio figlio che gioca alla playstation. Gira la testa, mi guarda e chiede: ”Chi sei?”.
Beh. Mi sono preso paura. Un vero e proprio incubo.
La mattina dopo, appena sveglio, sono andato a domandargli i nomi di tutti i nostri parenti più prossimi. Per fortuna se li ricordava quasi tutti, ma la paura m’è rimasta addosso. La paura che la memoria si fosse persa. È allora che ho deciso di mettere mano ad “Alias MM”. E dentro ci ho ficcato le storie della mia famiglia. Principalmente di quella materna, che fa Mignone di cognome, seppure intersecate con la vicenda della malattia di mio padre, Augustale Sassano.
Poi, “facendo, facendo”, mi sono accorto che i fatti all’origine di quelle vicende erano emblematici di un periodo storico – l’unità d’Italia – che, incidendo nello sviluppo economico e sociale del territorio meridionale, ha cambiato fortemente e brutalmente la vita delle persone. Così come hanno cambiato tanti destini le altre epoche in cui i personaggi di “Alias MM” si muovono: la belle époque, il ventennio fascista, la grande depressione americana, il boom economico italiano.
Ecco: è riaffiorato il gusto dell’indagine storica già esercitato a scuola e poi all’università, corroborato dal piacere di fare incontrare le molteplici caratteristiche dell’Italia dentro una Napoli in fermento.

Il protagonista del libro è un ipotetico “Alias” di Pino o è un uomo realmente vissuto, la cui figura hai usato per costruire la splendida vicenda narrata nel libro?
Come spesso avviene in questi casi, nel processo creativo gli elementi si combinano. “Alias MM” è un po’ alias dell’autore, molto suo nonno, un po’ suo padre. La finzione coniuga realtà e fantasia, mescolate per riconsegnare la verità dei fatti e delle persone nella verosimiglianza narrativa.

Veniamo allora alla vicenda in sé: un secolo abbondante di storia italiana vista non solo da Napoli e da Lauria, città che per te hanno un significato particolare, ma anche da New York. Parlacene.
Un secolo di storia italiana piena di avvenimenti che si riverberano sulla vicenda di Alias MM. Come abbiamo detto: l’unità d’Italia, la grande guerra, il ventennio, le seconda guerra mondiale, il dopoguerra, il boom economico. E in tutto questo l’economia e il suo impatto sul tessuto sociale, che modifica e crea ex novo usi, costumi, modi di pensare e, prima, modi di produrre. Certo, non con la velocità dell’attuale globalizzazione, ma neanche con le lentezze che molti suppongono. Napoli ha tutte le caratteristiche socio-culturali per contenere compiutamente gli effetti contraddittori del processo di sviluppo messo in atto dalla fine dell’Ottocento. Città aperta alle influenze internazionali, già vera capitale, raccoglie e concentra le conseguenze umane di quei cambiamenti e di quelli successivi. E il mondo dell’arte ne porta in scena le ricadute attraverso la musica, il canto, il teatro, nel florilegio dei café chantant. Mentre, nelle viscere della città, maturano i sentimenti e gli intrighi internazionali di una Napoli “di sotto”, labirintica e oscura. È da Napoli che “partono i bastimenti pe’ terre assai luntane”. Bastimenti, guarda caso, diretti a New York. Città che a sua volta raccoglie il “precipitato” sociale dell’epoca: i diseredati scaricati dalle terze classi dei transatlantici. Ma anche l’America dove a teatro si possono incontrare i mondi dell’arte e dei reietti, negli spettacoli diurni dei teatri di Broadway a costo zero per le donne e a pochi cent per gli uomini, o in quelli organizzati dagli anarchici nei ghetti.
E Lauria? Beh… Lauria, provincia di Potenza, è un luogo di arrivo. Un luogo dove il caso ha condotto il finale della storia negli anni Sessanta. Lauria è un letto dove il tempo si dilata nel ricordo e nella ricostruzione dei fatti. Un punto d’osservazione privilegiato che si avvantaggia della televisione, “finestra” sul mondo, acquisita grazie al boom economico. Lauria è il luogo-scrigno deputato alla conservazione della memoria della famiglia di Alias MM.

Al di là della figura del protagonista narrante del libro, Mario Mignone, Alias MM, un’altra figura, bellissima spicca, una figura di donna: Milly Mignone…
Milly – intendo dire l’artista veramente vissuta – è un mistero per la mia famiglia. Era o non era cugina di mio nonno? Ogni volta che se ne parlava, lui assumeva un tono interrogativo sfottente: ”Chissà?”. Eppure la somiglianza fisica con le mie zie e mia madre era evidente... Mah! Di certo Milly ha nel romanzo una concentrazione di sentimento e tenacia da far invidia a qualsiasi donna. D’altronde anche la vita della vera Milly sembra dar ragione al personaggio del romanzo. Entrambe hanno dovuto affrontare traversie familiari, difficoltà economiche, amori impossibili. La vera Milly fece innamorare, tra gli altri, Cesare Pavese e il principe Umberto di Savoia. Ebbene, il mio personaggio ha sensibilità e determinazione sia per affrontare un rapporto sentimentale complesso e profondo, sia per gestirne le conseguenze laceranti. È un’artista a tutto tondo che si rimette in discussione e si tuffa pienamente nel flusso della vita e nelle esperienze che gli propone l’America. Senza chiedere sconti, senza cercare comode scorciatoie. Si piega – o meglio – fa finta di piegarsi ai ricatti del regime fascista, ma non subisce assolutamente i ricatti affettivi a cui potrebbe far comodo cedere. Sui sentimenti, nessuna mediazione. E quando una cosa non può essere ottenuta – finanche la maternità – è inutile lagnarsi: si chiude quel dolore nel fondo, anzi, nel sottofondo dell’anima e si passa oltre. Se poi l’inconscio, nel sogno, deciderà di scoperchiarne la copertura, il risveglio sanerà tutto… Forse.

In conclusione, Pino, che cosa ci può insegnare come italiani la vicenda narrata nel tuo libro e quali riflessione dovrebbe portarci a fare sul Sud d’Italia, questo Mezzogiorno così bistrattato dall’Unità a oggi?
Non so. E non credo che un romanzo come “Alias MM” possa e debba farlo. Quello che so è che la storia di “Alias MM” è emblematica di un periodo di storia italiana fatta di sentimenti universali. Avidità e generosità si alternano sulla scena come l’amore e l’odio, la ricchezza e la povertà, il sopra e il sotto, la luce e l’ombra. Insomma, la diversità e gli opposti la fanno da padrone, in qualche maniera bilanciandosi. È questo “bilanciamento” che – credo – renda la vita interessante: non l’assenza del male in assoluto, ma la possibilità che questo venga compensato dal bene. Almeno in parte, alimentando così la speranza che il vento cambi.
I personaggi del romanzo questa speranza l’avevano conservata, a dispetto delle traversie e del destino avverso. È questo che ha dato impulso e propulsione alle loro vite.
Quanta di questa speranza è rimasta agli italiani, in un’Italia che le statistiche danno come socialmente ferma? Quanta di questa speranza è stata sottratta a generazioni di italiani di un Sud considerato troppo spesso – al di là di ogni lagnanza “meridionalista” – prima una terra di conquista e poi un territorio da assistere? Forse, per far ripartire il meccanismo sociale bisognerà imparare a considerare – come fa Gianni Pittella nella sua postfazione – paradossalmente l’arretratezza del Sud come un vantaggio. Un valore così basso dal quale partire, ma dal quale sarà più facile totalizzare incrementi positivi. Ci vorrebbe un refolo, un piccolo soffio, una semplice bava del vento che cambia…