martedì 15 febbraio 2011

Macarico, signora dei Mani, e la conquista della Sierra Leone: intervista a padre Gerardo Caglioni per “La leggendaria storia dei Mani”


Come una valanga, per un lungo periodo della storia africana il popolo dei Mani ha conquistato terre e popolazioni, condizionandone la vita e le tradizioni e imponendo un destino differente agli appartenenti a decine di etnie. Con la loro aggressività i Mani – guidati da una donna, la temibile e terribile condottiera Macarico – gettarono le basi della moderna storia dei popoli dell’Africa occidentale e della Sierra Leone in particolare. Laddove sono passati, i Mani – sebbene non abbiano lasciato né una loro lingua né testimonianze scritte – hanno creato una mistura completamente nuova di popoli ed etnie, investendo molte popolazioni con la loro forza e imprimendo evidenti tracce che si sono conservate nel tempo, fino a oggi.
Su questo incredibile popolo e sulla sua potente regina padre Gerardo Caglioni ha scritto un interessantissimo saggio dal titolo LA LEGGENDARIA STORIA DEI MANI, del quale padre Giulio Albanese ha scritto: “Padre Caglioni riesce davvero a scongiurare col suo avvincente racconto la maledizione denunciata a chiare lettere dallo scrittore maliano Amadou Hampaté Bâ secondo cui ‘in Africa quando muore un anziano è una biblioteca che brucia’. Al nostro missionario il merito di aver salvato una memoria di cui i sierraleonesi devono andare fieri ed essere riconoscenti”.

Di questo nuovo lavoro edito da Infinito edizioni (gennaio 2011) abbiamo parlato con padre Gerardo caglioni.

Padre Gerardo, chi erano i Mani e quale importanza hanno avuto per la storia africana?
I Mani – una scheggia del decaduto impero del Mali – furono un popolo guerriero che ha peregrinato per secolo circa nell’Africa Occidentale in cerca di terre e di ricchezze. Ha concluso il suo cammino nell’attuale territorio della Sierra Leone. Venne definitivamente fermato da due gruppi locali, specificatamente i Limba ed i Soso.
I cronisti del tempo raccontano che siano arrivati, quasi certamente per ondate diverse, sotto la guida di una terribile donna guerriera, la Macarico. La forza del suo esercito derivava dalla capacità di reclutare lungo il cammino i guerrieri di cui abbisognava – i terribili Sumba (che per forza di cose si alimentavano della carne umana delle vittime che uccidevano) – e allo stesso tempo dalla capacità di assoggettare le comunità e i popoli conquistati con un governo fortemente centralizzato. Così i conquistatori assumevano i costumi, la lingua e alcuni protagonisti locali, confondendosi e fondendosi definitivamente con loro. La loro importanza sta nel fatto che cambiarono il modo di vita di quelle popolazioni, divise e disarticolate, particolarmente nelle istituzioni, lasciando – come un marchio indelebile – una struttura sociale e politica molto centralizzata, che oggi, a distanza di 500 anni, sopravvive ancora.

I Mani erano un popolo conquistatore: come interagivano con le popolazioni che cadevano sotto il loro controllo?
I Mani si integrarono totalmente con i popoli conquistati, quasi liquefacendosi in mezzo a loro, ma nello stesso tempo determinando uno stile di vita politicamente molto centralizzato e socialmente interdipendente, come da noi fece la società medioevale, con il suo sistema vassallatico di interdipendenza, che aveva al suo vertice un unico e grande imperatore. Una volta conquistata una comunità o una popolazione, i Mani intervenivano sul potere locale stabilendo in modo efficiente nuove gerarchie all’ombra dei vecchi poteri locali. Operavano concretamente, anche se indirettamente all’inizio, sul governo locale scegliendo i protagonisti che avrebbero operato secondo i nuovi criteri politici e sociali. Ma anche economici (attraverso una particolareggiata tassazione della produzione agricola e commerciale) e militari (fornendo il personale necessario per la pesante macchina da guerra sempre in movimento).

Hai passato molti anni della tua vita in Sierra Leone. Che cosa è rimasto oggi tangibilmente di questo popolo? E cosa ti ha particolarmente impressionato?
Ho speso dodici anni della mia vita nella Sierra Leone. Ho conosciuto diversi popoli o gruppi etnici, in mezzo ai quali ho vissuto per un certo periodo. Certamente questi si caratterizzano per tradizioni e costumi differenti tra loro, oltre che per la lingua e le forme sociali. Quello che invece mi sembra particolarmente interessante, e praticamente molto simile per tutti, è la forma di governo locale, quella dei chiefdoms, che ha una struttura e una prassi praticamente comune a tutte le tribù della Sierra Leone. Comune nel senso che hanno un denominatore simile sia quelle comunità etnologiche che sono passate sotto la conquista e giurisdizione dei Mani, sia quelle che non sono mai state toccate da questa conquista, ma che anzi l’hanno ostacolata, fermando per sempre la marcia conquistatrice dei Mani.

Macarico era la regina di questo popolo. Come descrivere questa donna, il suo carattere, la sua forza?
Macarico (o Mansa-Rico, il sovrano-Rico) fu una donna dalla forte personalità e certamente di grande ascendente tra la sua gente. Direi anche molto di più, per una società dove il potere politico, economico e militare è solitamente, e quasi esclusivamente, controllato dai maschi. Pur dando a questa donna delle capacità straordinarie anche in campo militare, ella deve aver operato un’influenza particolarmente significativa e incisiva sui suoi generali maschi. Infatti, finché ella ha condotto la spedizione di conquista, l’esercito dei Mani è sempre stato compatto e vittorioso. Quando, per ragioni di età, è venuta meno alla guida del suo popolo, l’esercito ha subito sconfitte determinanti, che hanno portato alla conclusione della marcia dei Mani e all’insediamento permanente di questo popolo nella Sierra Leone.

Oggi in Sierra Leone si studia la storia dei Mani o le scuole ignorano, un po’ alla stregua di quelle italiane, la storia dei propri avi?
La storia dei Mani è poco conosciuta nella Sierra Leone. Brevi cenni, a volte di poche righe, raccontano la presenza di questo popolo – che ha condizionato la vita della Sierra Leone nel secolo XVI – nei testi scolastici della scuola dell’obbligo. È soprattutto la letteratura straniera, in particolare quella inglese, che ne tratta nei libri di storia dell’Africa Occidentale. Significativo che sia il mio saggio il primo e l’unico libro che finora fa una trattazione completa del popolo Mani. Studi e articoli particolari presentano però alcuni aspetti o studi specifici su questo argomento. Particolarmente grave, mi sembra, è la mancanza di conoscenza delle fonti portoghesi a cui io ho attinto le informazioni per raccontare nel mio saggio la storia del popolo Mani.
Credo fermamente che una conoscenza della storia di questo popolo illuminerebbe di luce diversa anche la storia e la vita attuale della Sierra Leone. Le istituzioni politiche e sociali, che hanno trasformato le popolazioni precedenti all’invasione dei Mani – disorganizzate e disunite – nacquero e si affermarono nella Sierra Leone grazie alla conquista e allo stanziamento dei Mani sul proprio territorio. Una conoscenza della sua storia aiuterebbe anche a superare tanti conflitti istituzionali che sopravvivono nel contesto odierno della Sierra Leone politica del terzo millennio. Uno Stato repubblicano, la Repubblica della Sierra Leone, che convive con istituzioni medioevali, gli attuali Chiefdoms, e non riesce a superare il conflitto tra istituzioni elettive della modernità (presidente della Repubblica, parlamento, sindaci, ecc.) e quelle storiche dei Paramount Chiefs.

Che cosa rimane ancora da raccontare della storia della Sierra Leone e dell’Africa occidentale?
Tanto, tantissimo. Anche se molto di questa storia è già stata raccontata grazie alla generosa collaborazione dei conquistatori dei diversi tempi, particolarmente dai britannici, di alcuni popoli della Sierra Leone e delle loro origini sappiamo veramente poco. I primi abitanti o colonizzatori di queste terre furono i Bulom sulla costa e i Limba tra le montagne. Chi ci ha mai raccontato l’origine e la storia di questi primi abitanti? Chi conosce qualcosa degli uomini preistorici che popolarono questa terra dal lontano 2500 avanti Cristo?
Una componente forte nel passato – e ora forse meno importante – è quella dei Soso, Yalunka e Solima, che fecero parte dell’Impero Soso, una volta forte alleato dell’Impero del Mali. Io ho già raccontato una frazione di questa storia in un mio precedente Saggio. Resta tuttavia molto da raccontare di questi particolari gruppi etnici, che si distinsero in modalità diverse a seconda dei differenti eventi storici e della collocazione geografica. Questo potrebbe essere, tempo permettendo, una nuova interessante investigazione da sviluppare e da raccontare. Ma ci sono anche molti testi antichi – soprattutto della letteratura portoghese, e non solo – che ci fanno una presentazione della Sierra Leone da diversi punti di vista. Non meno interessanti i testi – oggi consultabili e codificati in buona parte – dei missionari che operarono quattro secoli fa e che ci forniscono uno spaccato specifico dell’epoca. Insomma c’è ancora tanto da scoprire e da raccontare.

Come definiresti la Sierra Leone di oggi, un decennio circa dopo la fine della guerra civile e la morte di Foday Sankoh il sanguinario?
La Sierra Leone è una terra e un popolo che cambia, che cresce e cammina certamente verso un destino migliore. Forse è un po’ lento e non sempre adeguato ad altri Paesi africani o del resto del mondo. È, se posso usare una figura, come un giardino da coltivare. Certi ambiti sono meravigliosi, altri forse ancora una foresta non coltivata. È necessario adeguare uniformemente il terreno alle esigenze e necessità degli abitanti che crescono costantemente, ma che non migliorano sempre conformemente alle forme di vita e allo standard che gli sarebbe necessario e che oggi gli è possibile.
La giustizia dovrebbe sicuramente dare delle risposte ai problemi che hanno fatto scoppiare il conflitto civile e internazionale. Le piaghe aperte con il conflitto civile, durato ben undici anni, sono stati parzialmente coperti o nascosti, ma non sempre denunciati e curati. Tante ingiustizie del passato persistono ancora. Soprattutto la corruzione regna sovrana in tanti settori, a differenti livelli della società. Nel mio saggio faccio anche un parallelo tra le violenze dei Sumba e dei Mani e quelle del R.U.F. e dei Kamajor della recente guerra civile. Non mancano le ricchezze e le possibilità per una vita migliore, ma è necessario un salto di qualità e un’educazione migliore e più qualificata. Un media di 70 alunni per classe… denuncia quanto la scuola abbia bisogno di miglioramenti. Il settore giovanile necessita certezze e ambiti di lavoro per un futuro migliore.

Che cosa manca ancora alla gente della Sierra Leone?
I sierraleonesi sono un popolo ricco di gente disponibile e capace. In una pubblicazione del passato definivo questo popolo “cordiale e accogliente”. Penso sia dotato di tanti doni che dovrebbe sviluppare. Credo sia necessario, per un futuro migliore, che questo popolo prenda in mano il proprio destino e lo diriga con “sovranità” verso un domani migliore. Tanti, molti possono aiutare i sierraleonesi a cambiare la propria vita e le condizioni nelle quali si trovano, ma solo il popolo della Sierra Leone potrà determinare il cambio di rotta della sua società: la vita economica e sociale, politica e religiosa.
La gente della Sierra Leone ha oltretutto anche un profondo senso di Dio e vive la religione come un elemento essenziale della propria esistenza. L’aiuto di cui ha bisogno per trovare la forza di cambiare e migliorare, sicuramente verrà anche da Dio, che cercano con cuore sincero.