martedì 30 novembre 2010

In Rwanda, dove l’uomo è sceso all’inferno e risalito forse peggiore di prima

RWANDA. ISTRUZIONI PER UN GENOCIDIO è uno dei libri più amati dai lettori italiani (e non solo) interessati alle dinamiche politiche e sociali africane. Già pubblicato in passato con lo stesso titolo, presto esaurito nelle librerie, il volume è stato ripubblicato, con lo stesso titolo, dalla casa editrice Infinito edizioni perché sempre estremamente attenta alle tematiche legate ai diritti civili e ai diritti umani, e alle loro violazioni.
Il libro è scritto da Daniele Scaglione, uno dei principali esperti non solo italiani di Rwanda e di diritti umani, già in passato presidente della sezione italiana di Amnesty International e oggi responsabile per la comunicazione di ActionAid.
Con Scaglione abbiamo parlato del libro, di Rwanda, di diritti umani, di informazione, di giustizia…


Daniele, quando e come ti sei avvicinato per la prima volta al Rwanda?
È stato nel giugno del 2000, quando ho letto del ritrovamento, in pessime condizioni, del generale Romeo Dallaire in un parco di una piccola città canadese. Era il capo dei caschi blu mandati in Rwanda per mantenere la pace, ma che invece assistettero al genocidio. La sua psiche era molto disturbata, e infatti quel giorno lui era finito su una panchina del parco perché aveva mescolato del whisky alle tante medicine che doveva prendere, come parte della sua terapia. La sua vicenda personale ha costituito per me l’aggancio: ho cercato di saperne di più e ho scoperto una storia che meritava di essere raccontata.

Qual è la risposta del pubblico italiano a un argomento duro, arduo come il Rwanda e quali sono le domande più ricorrenti che ti vengono poste?
La reazione più ricorrente è quella di curiosità. Quel genocidio è stato raccontato come un massacro etnico, come il frutto di un odio tribale. Ma quando le persone sentono che invece è stato un eccidio premeditato, ben organizzato, con gravi responsabilità dei governi tanti Paesi occidentali e di importanti dirigenti dell’Onu, restano sorprese, vogliono saperne di più. Le persone interessate a questa vicenda, certo, non sono molte. Però dipende anche da come la raccontiamo: sulla base di quello che ho scritto è stato realizzato un monologo teatrale, che ha girato per l’Italia e ha destato interesse.

Secondo te, durante il genocidio della primavera del 1994 e negli anni a seguire, fino a oggi, la stampa italiana come ha seguito la questione rwandese e come ci ha informato?
In generale male, i giornalisti che hanno fatto un buon lavoro sono pochi, di testate che hanno seguito in modo regolare e chiaro la vicenda non ve ne sono. E se l’interesse è stato scarso ai tempi del genocidio, figuriamoci dopo.

Perché?
Non saprei dire perché ma una cosa è certa: il mondo dell’informazione non si è accorto che quello che è accaduto e che sta accadendo in Rwanda è qualcosa di straordinario, e non soltanto per l’enormità della violenza che vi si è registrata nel 1994, ma anche per quello che è accaduto dopo. Penso al tema della giustizia: praticamente nessun giornale si è accorto che al tribunale internazionale di Arusha s’è fatta la storia. La prima condanna per crimine di genocidio, la prima condanna di un capo di governo, la prima condanna per stupro come arma di genocidio… mi è capitato di leggere alcuni articoli che assegnavano alcuni di questi “primati” al tribunale per la ex Jugoslavia, mentre invece, seppure per pochi mesi, ha “vinto” il Rwanda, ma questo lo dico solo per evidenziare la distrazione dei media. Il Rwanda è arrivato prima di tutti nell’avere un parlamento a maggioranza femminile, ma quanto si è parlato di questo? Al più in qualche trafiletto o in articoli di costume. Insomma, il mondo dell’informazione non si rende conto che, nel bene e nel male, il piccolo Paese africano sembra essere più avanti degli altri, nella storia.

Entrare in contatto con una vicenda come quella del genocidio rwandese comporta delle implicazioni emotive personali enormi. Come riesce, in questi casi, lo scrittore Scaglione a mantenere l’imparzialità e il giusto distacco? Ma poi ha senso parlare di “distacco”, in questi casi?
Chi riesce a mantenere distacco da una storia come quella del genocidio in Rwanda non è un essere umano. Non è possibile, semplicemente. Altro è dire che devi cercare di ricostruire i ruoli e le responsabilità in quello che è accaduto prima, durante e dopo il genocidio. Questo non è facile, certo, ma nemmeno impossibile. Bisogna essere scrupolosi, cercare fonti e conferme su tutto quello che si vuole dire o scrivere. Ma si può fare, su quella storia è stato scritto tanto, ci sono tante testimonianze, documenti, riflessioni. Ci sono organismi seri e autorevoli che monitorano oggi la situazione nel Paese e ai suoi confini. Basta avere la pazienza di andare a vedere cosa scrivono e dicono.

Nel lungo lavoro che ha portato alla genesi di questo libro hai avuto modo di incontrare uno dei protagonisti e, al contempo, delle “vittime” del genocidio. Mi riferisco al generale canadese Romeo Dallaire, nel 1994 a capo dei caschi blu delle Nazioni Unite in Rwanda. Puoi raccontare la parabola umana di Dallaire e la tragedia che un uomo si trova ad affrontare quando si rende conto che il mondo intero, come fu nel caso del Rwanda, non è interessato a prevenire prima, a fermare poi, un genocidio di innocenti?
Dallaire è un figlio della seconda guerra mondiale. Suo padre e suo zio erano due militari canadesi che hanno partecipato allo sbarco in Normandia, tant’è che lui è nato in Olanda e sua madre era un’infermiera olandese. Evitare il ripetersi di una catastrofe come quella della seconda guerra mondiale è stato l’imperativo che ha guidato tutta la sua vita. La sua scelta è stata quella di fare il militare al “servizio della pace”, e dunque ha cercato di entrare nei caschi blu dell’Onu. Così, nel 1993 ha avuto quella che ha definito l’opportunità della sua vita: guidare una missione di pace voluta dalle Nazioni Unite. Arrivato in Rwanda, si è subito reso conto della difficoltà del suo compito. Non si trattava, come gli era stato detto, di guidare una tranquilla transizione verso la pace, ma di evitare un massacro. Pur mettendocela tutta, non c’è riuscito, e questo ha causato il suo tracollo psichico. Per quanto ci provasse, una volta tornato a casa non riusciva a lasciarsi la storia del Rwanda alle spalle. Così, benché fosse poco più che cinquantenne e fosse già un generale a quattro stelle, nel 2000 lasciò l’esercito. Fu in questo momento che toccò il punto più basso, ma fu anche quello in cui cominciò a risalire, affidandosi a cure mediche adeguate che gli hanno consentito di tornare a essere un uomo impegnato in politica – è diventato senatore canadese – e attivissimo nell’impegno per la pace, come divulgatore, conferenziere, consulente.

Che cosa è il Rwanda oggi e come ha potuto almeno in parte risollevarsi dal peso di 800.000 morti?
Il Rwanda è un Paese completamente rinato. Il genocidio lo ha letteralmente devastato, sotto ogni punto di vista: politico, sociale, economico. Oggi il Paese è uno di quelli, tra i cosiddetti in via di sviluppo, che meglio concretizzano il raggiungimento degli obiettivi del millennio, quelli che l’Onu ha definito nel 2000 come risultati irrinunciabili per combattere la povertà. Il Rwanda è uno dei Paesi più avanzati per come concretizza il ruolo delle donne, ed è il primo nella storia dell’umanità ad avere un parlamento a maggioranza femminile. C’è però anche un aspetto negativo, in tutto questo, ed è quello del rispetto dei diritti civili e politici, in particolare della libertà d’espressione. Chi oggi governa il Rwanda, vale a dire Paul Kagame e il suo partito, il Fronte patriottico rwandese, è chi ha fermato il genocidio sconfiggendo gli estremisti che l’avevano pianificato e lo stavano eseguendo. Ma oggi è responsabile, come denunciato da Amnesty International e Human Rights Watch, vale a dire importanti e autorevoli organizzazioni per i diritti umani, di gravi violazioni delle libertà di partecipazione politica, di stampa. È inoltre responsabile, insieme a molti altri – sia Paesi confinanti, sia multinazionali che approfittano della situazione – delle violenze che devastano la vicina regione orientale della Repubblica democratica del Congo. Il Rwanda deve affrontare seriamente queste situazioni.

In quanti rimangono – e in quali condizioni – in carcere per i crimini commessi e come procede il lavoro della giustizia?
La giustizia si è sviluppata lungo due filoni indipendenti. Uno è quello del tribunale internazionale di Arusha, dove sotto processo sono finiti una decina di ministri del governo estremista, a partire dal capo Kambanda, e sindaci, giornalisti, imprenditori, religiosi, esponenti del clan Akazu. Vi è finito l'uomo più potente e responsabile del genocidio, il colonnello Bagosora. Complessivamente non si arriva a cento, ma i condannati sono davvero personaggi di primo piano. Nessun tribunale internazionale ha mai raggiunto risultati tanto eclatanti. Poi c’è la giustizia nazionale, quella che, in un modo senza precedenti, è stata amministrata dal popolo, con i “macaca”, i “prati” dove tradizionalmente i villaggi si riunivano per risolvere le controversie. Questi tribunali hanno consentito di far uscire dal carcere la maggior parte delle oltre centomila persone che erano ancora detenute quasi dieci anni dopo il genocidio. Eppure, le carceri rwandesi all’ottobre 2009 detenevano oltre 62.000 persone, un sovraffollamento spaventoso.

In definitiva secondo te, alla fine – e chissà quando arriverà questa fine e chi sarà a stabilire che è arrivato il momento – le vittime e i loro familiari avranno veramente giustizia o anche il processo di Arusha finirà come quello dell’Aja ai danni dei carnefici della coeva guerra nella ex Jugoslavia, ovvero con un doloroso nulla di fatto dalle chiare implicazioni politiche?
Non temo il nulla di fatto. Delle cose sono successe e stanno ancora succedendo, responsabili di gravi crimini ricevono punizioni severe, anche all’ergastolo. Ma un conto è prendere atto che la giustizia sta procedendo, a livello internazionale e nazionale, altro è valutare se la giustizia sta effettivamente contribuendo a superare le divisioni nel Paese, a ridare serenità ai famigliari delle vittime. La risposta non è affatto semplice. Il tribunale internazionale di Arusha, che pure ha ottenuto gli straordinari risultati richiamati, è visto come qualcosa di lontano, dai rwandesi. E i “gacaca” sono visti con sospetto da tutti: dalle vittime, che hanno visto molti loro carnefici tornare liberi (e molti testimoni sono stati uccisi, per impedire che andassero ai “gacaca” a raccontare quello che sapevano); dalle organizzazioni per i diritti umani che ritengono non vengano rispettati gli standard internazionali… Ma io penso che siano un modo straordinario, unico, per consentire al Paese di fare i conti con il suo terribile passato. Il Rwanda poteva scegliere di lasciare marcire in carcere oltre centomila persone: chi riusciva ad avere un processo bene, gli altri, pazienza. Oppure poteva optare per un’amnistia collettiva: chi ha avuto ha avuto, guardare avanti e scordarsi il passato. Ha scelto invece una terza via, realizzando un precedente assoluto nella storia dell’umanità.

Daniele, in conclusione: tempo fa parlavamo del perché ci sono persone che si interessano di temi come il genocidio in Rwanda, in un mondo come quello attuale che sembra “settato” soprattutto sul disimpegno e sull’egoismo. Ecco: perché un uomo impegnato come te investe anni della sua vita a raccontare del Rwanda, a scriverne? Quale senso scorgi in tutto questo?
Perché il Rwanda parla di noi, della nostra storia recente, del nostro quotidiano. Quella del Rwanda è una vicenda che ci chiama in causa, perché noi europei abbiamo diviso hutu e tutsi, noi occidentali abbiamo venduto le armi a questo Paese, noi italiani abbiamo mandato i nostri soldati migliori in missione a salvare i bianchi e lasciare morire i neri. Noi abbiamo dichiarato “mai più” dopo il genocidio della seconda guerra mondiale, e noi ci siamo voltati dall’altra parte quando il genocidio è accaduto di nuovo. Noi abbiamo costruito una società in cui nessuno si deve sentire responsabile di niente, nemmeno delle peggiori tragedie, e questa è una cosa pericolosissima: se non l’affrontiamo, siamo destinati a vivere nell’insicurezza assoluta.

Quindi continuerai a occuparti di Rwanda?
Quella del Rwanda è una storia incredibile e incredibilmente sconosciuta, ma una volta che la si è lasciata arrivare a noi, non si può più mandarla via, e si sente una grande voglia di raccontarla. Cercherò quindi di continuare a imparare tutte le lezioni che arrivano da questa storia e, per quanto ne sarò capace, cercherò di coinvolgere il più ampio numero di persone.

venerdì 26 novembre 2010

Bosnia Express, le nuove date fino a gennaio

Carissimi,
ecco le nuove date delle presentazioni di Bosnia Express, dal 27 novembre (maltempo permettendo) fino a fine gennaio. Come vedrete, alcune sono ancora in definizione, ma si tratta di date pressoché definitive.

Novembre 2010:
- 27 novembre, MODENA, presso la Sala dell'Oratorio all'interno del Palazzo dei musei in Modena, entrata v.le V. Veneto, 5, ore 11,00. Modera Francesco Zarzana; al pomeriggio, nello stesso luogo, l’autore interviene nel convegno pubblico in occasione dell’Emrdays, a partire dalle ore 17,30, con Giulio Cristoffanini (co-fondatore di Emergency), Federica Franchini (infermiera), dott. Bonini di Porta aperta (Caritas), un responsabile del CTP di Modena e un rappresentante di Medici senza frontiere. Modera la giornalista Mariapia Cavani.

Dicembre 2010:
- domenica 12 dicembre, PALERMO, Libreria Kursaal Kalhesa, Foro Umberto I, 21, ore 18,00, a cura del Centro di Documentazione per i Diritti Umani “Peter Benenson” di Amnesty International – Circoscrizione Sicilia. Intervengono, con l’autore: Nicola Grato, Centro di documentazione "Peter Benenson", Amnesty International , Circoscrizione Sicilia; Giuseppe Provenza, componente Coordinamento Europa Amnesty International, Sezione Italiana; coordina Antonella Scandone, giornalista di Repubblica;
- lunedì 13 dicembre, CATANIA, presso i locali della Libreria Romeo Prampolini e dell'Associazione Culturale omonima, via Vittorio Emanuele II, 333, ore 17,00. Intervengono, con l’autore: Anna Maria Belfiore, Referente EDU Gr. Italia 72 Amnesty International; prof.ssa Adriana Cantaro, Convenzione per la pace – Catania;
- venerdì 17 dicembre, ROMA, Biblioteca di Villa Leopardi, via Makallé (entrata nel Parco ma accesso per lavori solo da via Nomentana e via Asmara), nell’ambito della festa bosniaca di fine anno organizzata da Infinito edizioni con la comunità bosniaca di Roma, con musica, cibo tipico, presentazioni, dibattiti, eventi. Appuntamento dalle ore 19,30; modera Enisa Bukvic, ospite Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia;
- sabato 18 dicembre, TARQUINA (VT), Libreria La Vita Nova, via Giosuè Carducci 8, ore 21,00. Modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Organizza Amnesty International.

Gennaio 2011:
- venerdì 7 gennaio, TARANTO, in definizione. Organizza Amnesty International, modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia;
- sabato 8 gennaio, MASSAFRA (TA), Teatro comunale, in definizione. Organizza Amnesty International, modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia;
- mercoledì 12 gennaio, ROMA, Libreria L’Argonauta, Via Reggio Emilia, 89, ore 19,00;
- giovedì 20 gennaio, PADOVA, in definizione;
- venerdì 21 gennaio, VITTORIO VENETO, Centro Culturale Parco Fenderl, Ingresso: Via San Gottardo 91 ore 21,00. Organizza Mondo In Cammino Veneto con il con il sostegno della Consulta Dell’associazionismo Culturale Vittoriose. Modera Valentina Barbieri.
- 30 gennaio, REGGIO EMILIA, presso l’Associazione Quinta Parete, modera Francesco Zarzana, data in definizione.

Dal 30 settembre 2010 a oggi abbiamo già presentato il libro a: Roma (2 volte), Ancona, San Benedetto del Tronto, Firenze, Milano, Cisliano (MI), Sedriano (MI), Saronno (VA), Albano Laziale (RM), Giulianova.

mercoledì 24 novembre 2010

A Cadillac, tra “pazzi” inumati in cimiteri fantasma, sindaci amici dell’asfalto e psichiatri d’assalto

Aquitania. Cadillac sur Garonne. Un paese di poco più di duemila anime ospita dagli inizi del Novecento un cimitero in cui riposano quattromila “alienati”, malati di mente, quasi tutti senza identità. La storia del cimitero si intreccia con quelle dell’adiacente ospedale psichiatrico e del castello-prigione e con il triste destino della giovane Marguerite B. e di Osvaldo, fuggito con la famiglia dall’Italia che diventava fascista. Poi, durante la seconda guerra mondiale, quasi 45.000 internati morirono in tutta la Francia sotto il governo filo-nazista di Vichy…
Per la prima volta un libro – IL CIMITERO DEI PAZZI – racconta i misteri del “cimitero dei pazzi”, diventato oggi monumento nazionale francese. Attraverso le sue croci è possibile ricostruire la storia dell’Europa e dei movimenti delle popolazioni del XX secolo.
Ne abbiamo parlato con Francesco Zarzana, autore di quest’ottimo volume.

Francesco, “Il cimitero dei pazzi” nasce casualmente, come succede spesso alle cose belle e a quelle importanti. E il riferimento al tuo libro non è affatto casuale. Puoi raccontare ai lettori la genesi del libro e che cosa ha fatto scattare in te la molla della curiosità?
Mi trovavo a Parigi perché andava in scena uno spettacolo sui diritti umani da me scritto e in una pausa, mentre leggevo Le Monde, sono rimasto colpito da un articolo riferito a Cadillac, piccolo paese dell’Aquitania, che raccontava di uno strano cimitero con quattromila anime sepolte, tutti malati di mente senza identità. Scoprii, leggendo, che il sindaco locale avrebbe voluto abbattere il cimitero per farne un parcheggio. E di come un piccolo gruppo di cittadini, capeggiati dal noto psichiatra Michel Bénézech, stava intraprendendo una battaglia per difendere questo luogo e la sua memoria. Cercai immediatamente di entrare in contatto con lo studioso, che mi accolse subito, con questo gruppo di cittadini. Da qui è cominciata un’avventura indimenticabile.

Quale è stato il primo impatto con Cadillac, l’ex castello-prigione, il manicomio, il cimitero…?
La cittadina è bellissima, piena di storia, un’antica bastide medievale che può turisticamente raccontare tanto. Il primo impatto che ho avuto è stato di grande suggestione e ho ricevuto un’accoglienza straordinaria. Il paese nei giorni in cui sono stato a Cadillac si è animato e tutti mi hanno messo nelle condizioni di svolgere le mie ricerche con scrupolo e attenzione. La visita al castello-prigione, al manicomio e al cimitero mi hanno permesso di elaborare tutto il mio progetto, che ho scritto in un batter d’occhio. Andare a Cadillac mi ha aperto mille orizzonti e ha definitivamente chiarito il progetto che avevo in mente.

A Cadillac hai conosciuto il professor Bénézech, il luminare della psichiatria transalpina che ha avuto il merito di denunciare l’esistenza di un cimitero dimenticato con almeno quattromila “pazzi” inumati al suo interno…
Il professor Bénézech è stato fondamentale per la stesura del libro e ho apprezzato la sua voglia di lottare per riuscire a identificare più persone possibili tra gli inumati del cimitero. Sta facendo un lavoro incredibile. Sono quasi 900 i defunti cui fino a oggi ha ridato un nome. Il lavoro è però lungo e molto complesso, ma la sua caparbietà e l’aiuto dell’associazione degli “Amici del cimitero dei dimenticati” gli permetterà di portare a termine la sua missione. Bénézech ha denunciato lo stato di abbandono e di incuria di un luogo che, oltre a raccogliere i resti di oltre quattromila dimenticati, racconta i movimenti delle popolazioni tra le due guerre mondiali.

Proviamo, magari attraverso qualche profilo, a raccontare chi erano questi “pazzi” e perché venivano, nel corso dei secoli, internati a Cadillac.
Ho raccolto molte testimonianze e ne ho riportate alcune nel libro. Ho scoperto che nel cimitero ci sono sepolti anche molti italiani, come ad esempio Osvaldo, un veneto che fuggì con la famiglia dall’Italia che stava diventando fascista. Le miserie della guerra hanno portato il povero Osvaldo alla follia. Oggi è sepolto nel cimitero, ma nessuno conosce l’esatta collocazione del suo tumulo, come del resto per quasi tutte le persone sepolte. Ma ho raccolto anche molte storie di internati abbandonati dalle loro famiglie per la vergogna di avere un figlio magari un po’ bizzarro e bisognoso di cure. Dimenticare l’infelice parente in manicomio voleva dire per la famiglia sentirsi sollevata dal peso dell’assistenza e, col tempo, cancellare per sempre anche il ricordo dell’infelice.

Poi in Francia sono arrivati i nazisti, c’è stata l’occupazione, la nascita dello Stato fantoccio di Vichy con a capo il vecchio, arrendevole e simpatizzante maresciallo Pétain. E Cadillac, come altre città francesi in cui esistevano strutture manicomiali, ha conosciuto il cosiddetto “sterminio dolce”…
I dati che ho riscontrato mi hanno lasciato senza fiato. Nella sola Cadillac morirono oltre mille persone dal 1941 al 1945 e non si trovano più i registri del 1939 e del ’1940, mentre nello spetto periodo in tutta la Francia perirono oltre 45.000 internati nei manicomi. La domanda che mi sono posto è: la morte di un così alto numero di malati psichiatrici non può essere paragonata alla politica di sterminio messa in atto dai nazisti ai danni dei minorati psichiatrici, sebbene realizzata con più discrezione?

La Francia come ha affrontato queste gravi responsabilità? Ha fatto ammenda e ammesso gli errori (e gli orrori), oppure ha fatto finta di nulla e ha insabbiato, un po’ all’italiana…?
Ho notato molta ritrosia in Francia a parlare dell’argomento e prevale la tesi della carestia causata dalla guerra, della mancanza degli approvvigionamenti alimentari e dell’occupazione nazista. Come ha sottolineato lo storico Angelo Lallo nelle conclusioni de “Il cimitero dei pazzi”, questo libro denuncia un buco nero storiografico che non può fermare la richiesta di approfondimento critico e di ricerca della verità. Bisogna capire se la psichiatria francese, come quella tedesca, sia stata connivente con il regime tedesco o se sia stato semplicemente un tragico caso che ha colpito la sfortunata popolazione dei manicomi sottoposta alle tragedie della guerra.

Secondo te, in conclusione, perché vale la pena investire il proprio tempo, la propria vita, nel raccontare episodi dimenticati e rimossi come quello del cimitero dei pazzi di Cadillac?
A Cadillac ho ascoltato la storia di una giovane, Marguerite, che si è tolta la vita a pochi giorni dalla sua uscita dal castello-prigione dove venivano recluse le ragazze per essere rieducate. Dedico il libro proprio a questa giovane sfortunata. La sua è una storia drammatica e bellissima allo stesso tempo, che mi ha molto colpito emotivamente. La visita al cimitero poi mi ha fatto mettere subito al lavoro per impegnarmi a dare dignità a persone dimenticate da tutti. Spero di aver dato il mio piccolo contributo, cosa alla quale tengo enormemente.

Che significato ha, allora, la testimonianza per l’umanità? È materiale stantio oppure una base di conoscenza per comprendere i nostri orrori del passato e impegnarci a non commetterne più?
Il mio libro non è un semplice esercizio letterario. Le testimonianze raccolte, le storie ascoltate da chi ha vissuto direttamente quei fatti, sono un tesoro prezioso che va divulgato. Le piccole storie possono diventare le grandi storie e io cerco di fornire strumenti di indagine. Poi per fortuna ci sono anche editori, come la Infinito edizioni, che ti lasciano la libertà di scrivere e approfondire. E di questi tempi sono casi molto rari.

In conclusione, quel parcheggio a Cadillac serviva e servirebbe veramente…?
Il piccolo villaggio di Cadillac non ha problemi di traffico o parcheggio. Il sindaco non può più fare nessun parcheggio perché c’è un iter che sta rendendo le mura del cimitero monumento nazionale. È quindi è intoccabile. Per una volta hanno vinto i cittadini, lottando con tutti i mezzi che la democrazia riconosce. Ma questa lotta, aggiungo, è stata intrapresa per la grande pietà verso quelle povere persone sepolte, che avrebbero subito l’ennesima beffa dalla sorte.

giovedì 18 novembre 2010

"Bosnia Express", ascolta l'intervista dal sito di Radio 24

Sul sito di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore, è disponibile l'intervista su BOSNIA EXPRESS che ho rilasciato al bravissimo Gigi Donelli lo scorso 23 novembre 2010 per la trasmissione 30 minuti in cronaca.

Per ascolare l'intervista, fai clik qui.

venerdì 12 novembre 2010

Bosnia, insediata la nuova presidenza tripartita

12/10/2010. Lo scorso 10 novembre
12/10/2010. Si è insediata lo scorso 10 novembre a Sarajevo la nuova presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina, come uscita dalle elezioni del 3 ottobre.
La nuova presidenza è costituita dal presidente eletto serbo-bosniaco Nebojsa Radmanovic, da quello croato-cattolico Zeljko Komsic, entrambi riconfermati per il secondo mandato consecutivo, e dal neoeletto presidente musulmano-bosniaco Bakir Izetbegovic, che ha preso il posto del collega uscente, Haris Silajdzic.
Figlio del defunto presidente bosniaco Alija Izetbegovic, Bakir è considerato più moderato del suo predecessore Silajdzic. Izetbegovic, secondo alcuni in politica più per sostenere il suo impero commerciale che non per rappresentare la sua parte politica di riferimento, ha sconfitto nelle elezioni dello scorso 3 ottobre anche un altro rivale musulmano-bosniaco, il potente magnate dell’editoria, del settore immobiliare e del turismo Fahrudin Radoncic, da molti considerato una sorta di Berlusconi nascente della politica nazionalista bosniaca.

Sulla Bosnia, sul presente complicato e sulle prospettive future, vi consiglio BOSNIA EXPRESS, vicino alla seconda edizione dopo neppure un mese dall’uscita.
Le prossime date del tour di presentazione del libro, già presentato a Roma (2 volte), Ancona, San Benedetto del Tronto, Firenze, Milano, Cisliano (MI), Sedriano (MI), Saronno (VA), Albano Laziale (RM):

Novembre 2010:
- venerdì 19 novembre, GIULIANOVA, Circolo Virtuoso Il nome della rosa, via Gramsci 46/a, ore 21,00, modera Simone Gambacorta;
- venerdì 26 novembre, CASTELLARANO (RE), Parco dei Popoli, ore 21,00. Modera Francesco Zarzana;
- 27 novembre, MODENA, presso la Sala dell'Oratorio all'interno del Palazzo dei musei in Modena, ore 11,00. Modera Francesco Zarzana; al pomeriggio, nello stesso luogo, l’autore interviene nel convegno pubblico in occasione dell’Emrdays, a partire dalle ore 17,30, con Giulio Cristoffanini (co-fondatore di Emr), Federica Franchini (infermiera), dott. Bonini di Porta aperta (Caritas), un responsabile del CTP di Modena e un rappresentante di Medici senza frontiere. Modera la giornalista Mariapia Cavani.
Dicembre 2010:
- domenica 12 dicembre, PALERMO, dettagli da definire, a cura del Centro di Documentazione per i Diritti Umani “Peter Benenson” di Amnesty International;
- venerdì 17 dicembre, ROMA, Biblioteca di Villa Leopardi, via Makallé (entrata nel Parco ma accesso per lavori solo da via Nomentana e via Asmara), nell’ambito della festa bosniaca di fine anno organizzata da Infinito edizioni con la comunità bosniaca di Roma, con musica, cibo tipico, presentazioni, dibattiti, eventi. Appuntamento dalle ore 19,30;
- sabato 18 dicembre, TARQUINA (VT), Libreria La Vita Nova, via Giosuè Carducci 8, ore 21,00. Modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Organizza Amnesty International.
Gennaio 2011:
- venerdì 7 gennaio, TARANTO, in definizione. Organizza Amnesty International, modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia;
- sabato 8 gennaio, MASSAFRA (TA), Teatro comunale, in definizione. Organizza Amnesty International, modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia;
- mercoledì 12 gennaio, ROMA, Libreria L’Argonauta, Via Reggio Emilia, 89, ore 19,00;
- venerdì 21 gennaio, VITTORIO VENETO, Centro Culturale Parco Fenderl, Ingresso: Via San Gottardo 91 ore 21,00. Organizza Mondo In Cammino Veneto con il con il sostegno della Consulta Dell’associazionismo Culturale Vittoriose. Modera Valentina Barbieri.

Altre date in preparazione.

lunedì 8 novembre 2010

Bosnia Express, la lista con le nuove presentazioni

Cari Amici,
ecco la lista delle nuove presentazioni di BOSNIA EXPRESS:

Novembre 2010:
- giovedì 11 novembre, ALBANO LAZIALE (ROMA), Libreria Caracuzzo, Corso Matteotti 201, ore 18,00;
- venerdì 19 novembre, GIULIANOVA, Circolo Virtuoso Il nome della rosa, via Gramsci 46/a, ore 21,00, modera Simone Gambacorta;
- venerdì 26 novembre, CASTELLARANO (RE), Parco dei Popoli, ore 21,00;
- 27 novembre, MODENA, presso la Sala dell'Oratorio all'interno del Palazzo dei musei in Modena, ore 11,00; al pomeriggio, nello stesso luogo, l’autore interviene nel convegno pubblico in occasione dell’Emrdays, a partire dalle ore 17,30, con Giulio Cristoffanini (co-fondatore di Emr), Federica Franchini (infermiera), dott. Bonini di Porta aperta (Caritas), un responsabile del CTP di Modena e un rappresentante di Medici senza frontiere. Modera la giornalista Mariapia Cavani.

Dicembre 2010:
- sabato 11 o domenica 12 dicembre, PALERMO, dettagli da definire, a cura del Centro di Documentazione per i Diritti Umani “Peter Benenson” di Amnesty International;
- venerdì 17 dicembre, ROMA, Biblioteca di Villa Leopardi, via Makallé (entrata nel Parco ma accesso per lavori solo da via Nomentana e via Asmara), nell’ambito della festa bosniaca di fine anno organizzata da Infinito edizioni con la comunità bosniaca di Roma, con musica, cibo tipico, presentazioni, dibattiti, eventi. Appuntamento dalle ore 19,30;
- sabato 18 dicembre, TARQUINA (VT), Libreria La Vita Nova, via Giosuè Carducci 8, ore 21,00, Modera Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. organizza Amnesty International.

Gennaio 2011:
- venerdì 7 gennaio, TARANTO, in definizione;
- sabato 8 gennaio, MASSAFRA (TA), Teatro comunale, in definizione;
- mercoledì 12 o giovedì 13 gennaio, ROMA, Libreria L’Argonauta, Via Reggio Emilia, 89, in definizione;
- venerdì 21 gennaio, Vittorio Veneto, in definizione.

Dal 30 settembre 2010 a oggi abbiamo già presentato il libro a: ROMA (2 volte), Ancona, San Benedetto del Tronto, Firenze, Milano, Cisliano (MI), Sedriano (MI), Saronno (VA).

Grazie a tutti voi!

Bosnia Express, dopo (il successo di) Saronno ci vediamo ad Albano Laziale

Cari Amici,
dopo l'ottima serata di Saronno, alla Libreria Pagina 18 di Carla e Giulio - così ricca di pubblico (in tanti siete rimasti in piedi, mi dispiace ma, al contempo, sono contentissimo...), domande, riflessioni - vi aspetto con BOSNIA EXPRESS giovedì 11 novembre ad Albano Laziale (RM), alle 18,00 (ma tanto cominciamo con 15-20 minuti di ritardo, tranquilli...), presso la Libreria Caracuzzo, Corso Matteotti 201.
Con me ci saranno Ada Scalchi, consigliera comunale, ex sindaca, attivista per i diritti umani e presidente dell'Assoziazoine 8 Marzo; Francesco De Filippo, scrittore di successo, ottimo giornalista, fine oratore; Massimo Lo Cicero, attivista di Amnesty International.
Spero che, grazie alla presenza di questi due cari amici, la serata possa risultare interessante e utile per meglio capire e conoscere la Bosnia e, con essa, una parte assai rilevante di noi stessi.
Vi aspetto numerosi giovedì!

venerdì 5 novembre 2010

Bosnia Express, da Cisliano a Saronno via Sedriano

Bellissima serata ieri a Cisliano (MI): biblioteca comunale gremita in ogni ordine di posti e più di due ore di dibattito con le decine di persone presenti. Il libraio Mario, del Segnalibro di Magenta, ha finito i libri (ne aveva portati uno scatolone!), e non è poco!
Oggi replichiamo a Sedriano (biblioteca comunale, via Rogerio da Sedriano), alle 21,00, e domani chiusura di questo bel mini-tour lombardo a Saronno, dagli amici della libreria Pagina 18.
Intanto, mentre prosegue il lavoro per organizzare il mini-tour veneto di gennaio (con forse un'appendice emiliana), è di ieri l'invito da parte di Amnesty International di presentare a Palermo, l'11 o il 12 dicembre prossimo. Vi tengo aggiornati sugli sviluppi, ma è certo che si faccia. Dunque la Bosnia arriva anche in Sicilia.
Che aggiungere? Ah, mi dicono che in Bosnia qualcuno (italiano) mugugna per il libro, che invece molti bosniaci hanno accolto bene. Non sarà un caso...
A stasera (a Sedriano), dunque; e poi arrivederci a Saronno sabato 6 novembre.
E per gli amici laziali, appuntamento confermato l'11 novembre ad Albano Laziale (RM), libreria Caracuzzo. Poi, sempre in novembre, puntata in Abruzzo e doppia puntata in Emilia Romagna. Senza risparmio di energie. Perché è bellissimo e giusto così.
Ultima cosa: per organizzare presentazioni di "Bosnia Express", visto l'interesse crescente e la difficoltà a volte a rintracciarmi direttamente, scrivere pure all'indirizzo direzione.editoriale@infinitoedizioni.it o a info@infinitoedizioni.it.
Pian pianino, ci organizziamo e parliamo di Bosnia ovunque.
A presto!

giovedì 4 novembre 2010

Bosnia Express, il mini tour lombardo

Splendido esordio ieri sera per il mini tour lombardo di BOSNIA EXPRESS alla Librerie del Mondo Offeso di Milano, gremita di persone molto partecipi. La prima presentazione milanese è giunta dopo le due tappe di Roma e quelle di Ancona, San Benedetto del Tronto, Firenze.
A cominciare da questa sera, ecco le altre date fissate del tour (con importanti novità in arrivo a breve per gennaio 2011):

Novembre:
- giovedì 4 novembre, CISLIANO(MI), Frazione Bestazzo, ore 21,00;
- venerdì 5 novembre, SEDRIANO(MI), via Rogerio da Sedriano, ore 21,00;
- sabato 6 novembre SARONNO (VA), Libreria Pagina 18, Via G. Verdi 18, ore 17,30;
- giovedì 11 novembre, ALBANO LAZIALE (ROMA), Libreria Caracuzzo, Corso Matteotti 201, ore 18,00;
- venerdì 19 novembre, GIULIANOVA, Circolo Virtuoso Il nome della rosa, via Gramsci 46/a, ore 21,00, modera Simone Gambacorta;
- venerdì 26 novembre, CASTELLARANO (RE), ore 21,00;
- 27 novembre, MODENA, presso la Sala dell'Oratorio all'interno del Palazzo dei musei in Modena, ore 11,00; al pomeriggio, nello stesso luogo, l’autore interviene nel convegno pubblico in occasione dell’Emrdays, a partire dalle ore 17,30, con Giulio Cristoffanini (co-fondatore di Emr), Federica Franchini (infermiera), dott. Bonini di Porta aperta (Caritas), un responsabile del CTP di Modena e un rappresentante di Medici senza frontiere. Modera la giornalista Mariapia Cavani.

Dicembre:
- venerdì 17 dicembre, ROMA, Biblioteca di Villa Leopardi, via Makallé (entrata nel Parco ma accesso per lavori solo da via Nomentana e via Asmara), nell’ambito della festa bosniaca di fine anno organizzata da Infinito edizioni con la comunità bosniaca di Roma, con musica, cibo tipico, presentazioni, dibattiti, eventi. Appuntamento dalle ore 19,30;
- sabato 18 dicembre, TARQUINIA (VT), ore 21,00.

Perdonate l'approssimazione di alcune date ma sto aggiornando il blog in una biblioteca (bellissima ma un tantino rumorosa) di Abbiategrasso.
Vi segnalo quindi che a breve pubblicherà sul blog le informazioni mancanti (tutte le date sono fissate e definitive) più quelle di gennaio 2011, che prevedo sicuramente:
- 7 e 8 gennaio, due date tra Taranto e provincia;
- 12 o 13 gennaio, una data a Roma, presso la libreria L'Argonauta;
- terza decade di gennaio: tre o più date in Veneto, da definire (sicura Vittorio Veneto il 21 gennaio, stiamo lavorando su Padova, Mestre, Vicenza, Verona). Vi aggiornerò al più presto.
Ciao a tutti e buona giornata!

Luca