martedì 16 dicembre 2008

Alla ricerca dell'Undicesimo Comandamento


A Once, Buenos Aires, con Francesca Bellino, autrice de "Il prefisso di Dio"

Da Salerno a Buenos Aires il passo non è breve ma Francesca Bellino – autrice per i tipi di Infinito edizioni del saggio “Il prefisso di Dio. Storie e labirinti di Once, Buenos Aires”, novembre 2008, pagg. 192, € 14,00 – ha trovato il modo più sorprendente per colmare un Oceano di distanza e portare per mano il lettore nel quartiere “fantasma” più famoso del mondo, quell’Once che ha dato i natali a tanti artisti e che è stato culla della cultura ebraica in Argentina.

Dall’intervista con la Bellino scaturisce una Buenos Aires inedita, sconosciuta ai più, priva di confini e ricca di contaminazioni culturali, una città colta e interiormente forte che gira attorno a un quartiere che non esiste, ma che tutti conoscono, che non sta sulle mappe ma che tutti cercano e in cui, in un modo o nell’altro, tutti prima o poi fanno ritorno.

El Once e il numero undici sono al centro della chiacchierata sul libro che, tra l’altro, è ulteriormente arricchito dalla prefazione del grande compositore portegno Luis Bacalov, secondo cui “un viaggio in compagnia de ‘Il Prefisso di Dio’ apre le porte meglio di qualunque guida turistica non solo a el Once e a Buenos Aires, perché Francesca Bellino racconta questi luoghi e storie con la partecipazione vitale e affettuosa di una scrittrice attenta e desiderosa di spaziare oltre e oltre e oltre ancora”.

D. Francesca, il tuo libro colpisce e impressiona favorevolmente fin dal titolo. Che cosa è – e quale è – però questo “Prefisso di Dio” di cui parli e come nasce questo titolo così particolare?
R. Il titolo nasce da una barzelletta che ironizza sulla convinzione degli argentini di godere della presenza costante di Dio in città. Dios attiende en Buenos Aires, dicono, per comunicare che Dio riceve nel suo ufficio a Buenos Aires e da lì fa i suoi miracoli. Quando si ha l’intenzione di telefonargli, infatti, si dice che non c’è bisogno di fare il prefisso perché per chiedere aiuto a Dio basta “una chiamata locale”! “Il prefisso di Dio” richiama, inoltre, il numero ricorrente in tutto il libro, l’11, o Once in spagnolo – nome del quartiere della città dove si svolge la storia – perchè il prefisso di Buenos Aires è 011. Il numero 11 è stato il punto di partenza del mio viaggio di conoscenza del quartiere, della città e della società argentina ed è poi diventato il filo conduttore di tutti gli avvenimenti narrati. La sorpresa per me è stata scoprire che la storia era “già scritta”: dovevo solo ricomporla mettendo insieme gli 11.

D. Nel tuo libro tutto ruota attorno al “quartiere fantasma” Once. Come definiresti Once e che rapporto c’è tra il quartiere, la gente che in esso vive e la città di Buenos Aires?
R. Once per me simboleggia l’Aleph di Borges «uno di quei punti dello spazio che contiene tutti i punti. Il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli». Anche se per molti porteños – così sono chiamati gli abitanti di Buenos Aires – Once è solo un luogo di passaggio per raggiungere altri posti perché lì si trova una grande stazione, per me questo quartiere invece ha rappresentato il centro del labirinto che può portare alla conoscenza di se stesso e degli altri perché vi confluisce tutto e la sua atmosfera stimola al confronto con i propri limiti e con le differenze delle culture di altre comunità. A Once coabitano pacificamente ebrei, boliviani, peruviani, coreani, oltre a immigrati di origine italiana e spagnola. Once è considerato un quartiere fantasma perché non compare sulle mappe della città. Una delle sfide che la protagonista compie in questo viaggio di ricerca, infatti, consiste proprio nel trovare i confini di un quartiere che non esiste – conosciuto ufficialmente con il nome di Balvanera – eppure scenario di importanti pagine di storia della città di Buenos Aires, dalla nascita del tango ai grandi flussi immigratori di fine ‘800, dalla concentrazione della prostituzione ai primi attentati terroristici in America Latina negli Anni ’90, all’ambasciata d’Israele e all’Amia, fino alla tragica morte di 194 ragazzi nella discoteca Cromañon nel 2004, fotografia dell’Argentina di oggi: corruzione, insicurezza e normalizzazione del pericolo.

D. Proviamo a fare una panoramica dei grandi nomi nati in questo quartiere. Once ha dato i natali ad alcuni tra i più grandi rappresentanti della cultura e delle arti non solo dell’intera Argentina ma di tutto il mondo. C’è una spiegazione, secondo te, o è solo un caso?
R. È vero, molte figure rappresentative dell’Argentina nel mondo sono nate o vissute a Once, come gli autori di tango Julio De Caro, José Razzano, Alberto Castillo, il maestro d’orchestra Daniel Barenboim, fondatore della West-Eastern Divan Orchestra che riunisce giovani musicisti d’Israele e dei Paesi arabi, lo scienziato, medico e fisiologo Bernardo Alberto Houssay, vincitore del Nobel per la medicina nel 1947. Vi è nato e ancora ci vive e ci lavora anche uno degli scrittori ebrei più apprezzati della nuova generazione, Marcelo Birmajer, e si racconta che lo stesso Carlos Gardel, il grande mito del tango, abbia trascorso la sua infanzia tra le strade di Once, come è successo anche al maestro Luis Bacalov, autore della prefazione de “Il prefisso di Dio”, nato in un quartiere vicino, Villa Crespo. Una spiegazione? Ho sempre pensato che niente succeda per caso, e che «ogni incontro casuale è appuntamento», come ci ricorda Borges. Probabilmente la convivenza di culture diverse e la possibilità di dialogare con il “diverso” aiutano a guardare il mondo in maniera più ampia e a sviluppare potenzialità, aspettative e creatività con maggior coraggio, libertà e determinazione.

D. La tua ricerca dell’Undicesimo Comandamento – uno degli assi portanti del tuo libro – alla fine ha dato frutti?
R. Tanti. Come dice uno dei personaggi del libro, «ogni passo è la meta». È più importante il cammino che si compie per raggiungere il traguardo o per trovare l’oggetto desiderato che l’arrivo o il ritrovamento in sé. Il libro, che fonde il linguaggio del saggio, del reportage e del romanzo, racconta i passi che compie la protagonista per imparare a confrontarsi, a dialogare e a rispettare l’Altro. Il mio augurio è che anche i lettori facciano lo stesso viaggio percorrendo le pagine del libro, ponendosi delle domande sulla propria vita. L’invito che mi piacerebbe arrivasse a chi leggerà “Il prefisso di Dio”, infatti, è quello di cercare, ognuno sulla sua strada, un Undicesimo Comandamento valido per tutte le religioni, una legge inedita da usare nelle nuove società plurali che, come in Italia, in tante nazioni stentano a funzionare.

D. Perché un turista dovrebbe visitare Once? Da quali suggestioni dovrebbe (o potrebbe) farsi guidare?
R. Once non è affatto un luogo turistico, non ci sono attrattive, è un luogo assolutamente anonimo, ma sicuramente può essere interessante passeggiare su una delle sue strade tematiche colme di prodotti variopinti e a buon prezzo, o attraversare plaza Miserere, dove tante persone si dimenano in attività di ogni tipo e osservare come a Buenos Aires sia assolutamente normale costruire una sinagoga a fianco di una chiesa cattolica gremita di fedeli in cerca di un miracolo e vedere persone di religioni diverse correre a compiere il proprio rito di preghiera senza inibizioni, vergogne o paure. Non c’è bisogno di andare a Once, però, per imparare ad ascoltare l’Altro e apprezzarne le differenze. Lo si può fare anche a Piazza Vittorio a Roma.

D. Come definiresti gli argentini?
R. Persone molto colte, forti e vitali con una grande capacità di reagire e rialzarsi dopo ogni tipo di caduta.

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