lunedì 25 agosto 2008

Intervista sull'Iran

Luca Leone intervista Antonello Sacchetti, autore de I ragazzi di Teheran

(l'articolo è stato pubblicato sul numero di luglio del mensile "Popoli e missione")

“In Iran nulla è come appare”, ha detto qualche tempo fa una giornalista. Un concetto interessante, se vogliamo decisivo per comprendere un popolo, in un momento storico in cui quello con capitale Teheran viene considerato dal gendarme globale statunitense uno degli “Stati canaglia” e in cui l’immagine del Paese sui media occidentali è come minimo claustrofobica. “Popoli e missione” ne ha parlato con lo scrittore Antonello Sacchetti, eccellente conoscitore dell’Iran. Società e giovani ma anche libertà di culto e pluralismo religioso sono gli argomenti che abbiamo toccato, con esiti sorprendenti.

Sacchetti è sbarcato a Roma proveniente da Teheran da tre giorni quando nega risolutamente che quella trasmessa dai giornali italiani sia la vera immagine dell’Iran. “Claustrofobica? – fa perplesso – Sinceramente, tutto direi tranne questo della società iraniana. C’è, senza dubbio, grande insofferenza ai controlli e alle limitazioni imposte dal governo alla libertà personale. Ma la società iraniana è tradizionalmente votata all’apertura, alla curiosità verso le altre culture. Dai primi Anni ‘90 la tv satellitare e Internet hanno aperto finestre preziose e irrinunciabili sul resto del mondo. I blog iraniani sono tra i più interessanti di tutto il Web”.

Ciò nonostante – viene da pensare leggendo quanto i grandi media occidentali scrivono sull’Iran – la censura esiste e colpisce chiunque non sia allineato con le direttive del Capo dello Stato (che non è il presidente Mahmud Ahmadinejad ma la Guida della rivoluzione o faqih – dal 4 giugno 1989 Ali Hoseini Khamenei – designata dall’Assemblea degli esperti, gli ayatollah, eletta a suffragio universale diretto ogni 8 anni) e dal Consiglio dei guardiani della Costituzione, l’onnipotente organo composto da 12 membri che controlla la conformità delle leggi con l’Islam, ne verifica la costituzionalità e ammette i candidati alle elezioni. Secondo Sacchetti, però, è così solo in parte: “Non dobbiamo pensare all’Iran come a un Paese avvolto nelle tenebre – spiega – La censura funziona in modo intermittente e a volte non centra il bersaglio. Basta farsi un giro nelle librerie di Teheran per rendersi conto della vastità di titoli che il pubblico iraniano ha a disposizione. Capita che la censura arrivi a ordinare il blocco di un film che è nelle sale ormai da mesi o di un libro già venduto in migliaia di copie. La repressione politica è schizofrenica: in alcuni momenti il dibattito politico è accesissimo e si arriva persino a mettere in discussione il principio di base della Repubblica islamica, il velayat e-faqih, “governo del giureconsulto”, la teoria elaborata da Khomeini. Ricordiamo tutti le immagini degli studenti che contestano a viso aperto Ahmadinejad all’università di Teheran. Poi magari la repressione arriva in modo subdolo quando i riflettori si sono spenti, a distanza di mesi o di anni, con arresti, minacce, violenze. Nonostante questo, l’Iran e i suoi giovani continuano a stupire per il loro desiderio di vivere, di non arrendersi alla situazione vigente”. Un esempio – molto comune, purtroppo, a livello mondiale – di un popolo che soffre la distanza culturale di chi lo governa e l’incapacità, da parte di coloro che detengono le redini del potere, d’intercettare e soddisfare le esigenze più comuni, a cominciare dalla libertà.

Come vivono questa condizione coloro che, per definizione e per pulsioni proprie dell’età, più anelano all’emancipazione, ovvero i giovani (che costituiscono il 70% dei 69 milioni di iraniani!) e, in una società che le discrimina, le donne? “In Iran, per necessità ma anche per tradizione, esiste una netta distinzione tra vita pubblica e vita privata – spiega il nostro intervistato – Nelle case dei ceti medio-alti, comportamenti e abitudini sono assai simili a quelli dei giovani europei. Nel bene e nel male. Esiste una naturale ricerca del divertimento ma è oggi diffusissimo il ricorso alle droghe. È una vera piaga: su una popolazione di 70 milioni di abitanti, ci sono almeno 200.000 eroinomani. E il peggio sta accadendo ora con l’arrivo del crack. È una situazione spaventosa, i genitori dei ragazzi adolescenti sono terrorizzati. La condizione delle donne, nonostante un sistema giuridico che le discrimina, è assai complessa. Oggi sono donne il 65% degli studenti universitari e le ragazze sono la maggioranza anche tra i laureati. Certo, la carriera è comunque più difficile. Ma ci sono donne in quasi tutti gli ambiti lavorativi. Nelle campagne la situazione cambia. Il tessuto sociale è nettamente più arretrato e la condizione della donna è più difficile. Va precisato che l’accesso all’istruzione è una delle innegabili conquiste della Repubblica islamica. Soltanto dopo il 1979 in Iran è avvenuta la scolarizzazione di massa di uomini e donne. Il dato comune a tutti è la grande difficoltà a trovare lavoro, a costruire un futuro. Da anni si registra una disoccupazione intellettuale di massa. E l’inflazione è cresciuta a livelli incredibili. Una situazione molto brutta, insomma, resa peggiore dalle continue tensioni con la comunità internazionale. Chi può, va all’estero. L’emigrazione iraniana è un’emigrazione intellettuale e di alto livello. Partono i laureati, chi può contare su un’iniziale base economica e su contatti all’estero. Negli Stati Uniti, la comunità iraniana è la più colta, quella col grado medio di istruzione più elevato”.

Difficile pensare che, in un Paese definito semplicisticamente musulmano – in alcuni casi persino, erroneamente, “arabo” – dal un stampa occidentale poco informata, possa essere riconosciuta la libertà di culto. Invece talvolta si scopre che l’“altro” non è poi così chiuso e duro – o addirittura malvagio – come certi poteri forti vorrebbero far credere. “La libertà di culto è garantita dalla Costituzione, che riconosce come minoranze religiose gli zoroastriani, gli ebrei e i cristiani, i quali costituiscono circa il 2% della popolazione iraniana – chiarisce Sacchetti – Queste comunità hanno anche un loro rappresentante nel Majles, il Parlamento iraniano. Per assurdo, la comunità non riconosciuta è quella musulmana sunnita. È severamente proibito il proselitismo, ma la libertà di culto è reale. L’unica minoranza non tollerata è quella dei baha’i. La costituzione iraniana li considera un gruppo politico, non religioso, e per questo la repressione è stata anche molto dura”. Difficile definire i baha’i, presenti tra l’altro con una comunità anche in Italia. La cosiddetta “fede Baha’i” è – a detta dei suoi aderenti – una religione monoteista, in verità piuttosto giovane poiché nata a metà del XIX secolo. I baha’i, come sono chiamati gli aderenti alla fede in questione (circa 7 milioni nel mondo), si rifanno ai precetti del sedicente mistico persiano Baha’u’llah (1817-1892) e hanno come simbolo una stella a nove punte.

Un altro dato è interessante: “In Iran l’89% della popolazione è musulmano sciita; i sunniti sono il 9%, i cristiani sono circa 200.000, gli ebrei 30.000 e i zoroastriani 50.000. Una cosa va sottolineata, a dispetto delle tensioni con Israele: in Iran vive la più grande comunità ebraica del Medio Oriente (dopo Israele, ovviamente) e la seconda in Paesi musulmani, dopo l’Uzbekistan. È una presenza antichissima, che risale ai tempi di Ciro il grande. La grandezza della cultura iraniana è data proprio da questo insieme di religioni e di storie diverse. In Iran la religione (non solo l’Islam) è un elemento centrale e la Persia è una terra centrale nella storia delle religioni. Basti pensare al contributo della predicazione di Zarathustra nello sviluppo delle tre grandi religioni monoteiste”.

Tra i cristiani, esiste anche una piccola ma convinta minoranza cattolica. “Si tratta di poco più di 13.000 persone – precisa lo scrittore, che sta lavorando a un nuovo libro il cui cuore parlerà proprio delle religioni iraniane e la cui uscita è prevista per il prossimo autunno – Nella sola Teheran ci sono almeno 4 chiese con rito cattolico. La maggior parte dei cristiani iraniani, tuttavia, sono di rito armeno ortodosso. Ho incontrato nella capitale sacerdoti locali, ma anche e soprattutto italiani. Ci sono diversi progetti culturali religiosi in corso tra Italia, Vaticano e Iran. A Esfahan, ad esempio, grazie alla collaborazione tra il Vaticano, l’associazione culturale Anastasis e il ministero dei Beni culturali iraniano, si sta realizzando il restauro di una splendida chiesa armena”.

Una società così intrisa di elementi religiosi, tuttavia, sta vivendo in questi ultimi anni una grave crisi di rigetto. È, questa, secondo Sacchetti, una delle conseguenze dell’islamizzazione della società. “Questo però non vuol dire che i non praticanti non siano credenti. Piuttosto, cercano una religiosità più intima. È forte il richiamo del sufismo e del misticismo. In generale, direi che esiste un legame storico tra sciismo iraniano e cattolicesimo romano. Un legame fatto anche di riti molto simili. La passione di Cristo e quella di Hossein, la nostra via Crucis e la loro Ashura. In genere, direi che esistono una grande attenzione e un forte rispetto per il cristianesimo e per il cattolicesimo in particolare”.

L’Iran è, dunque, a parte i suoi governanti e il loro pericoloso e dannoso radicalismo politico, un Paese di grande cultura e profondità, un luogo che non merita la nomea negativa e le tetre immagini con cui è normalmente descritto. “L’Iran è un paese sorprendente per chi è disposto a vederlo senza pregiudizi. Il sistema politico e l’attuale governo sono “radicali”, ma la società non lo è affatto. Per gli iraniani la rivoluzione – che, per quanto paradossale possa sembrare, ha avuto una sua funzione nella crescita e nella modernizzazione del Paese – è finita. L’errore gravissimo dei media occidentali è giudicare il Paese in base ai suoi governanti e al suo attuale presidente. Ma l’Iran è una realtà molto più complessa e infinitamente più bella. Se lo visiterete, tornerete liberi da molti pregiudizi”.