mercoledì 25 giugno 2008

Intervista a Enisa Bukvic sullo stupro di guerra

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu con la risoluzione 1820 del 20 giugno 2008 ha chiesto all'unanimità (15 favorevoli, nessun contrario o astenuto) "a tutte le parti coinvolte nei conflitti armati la cessazione completa e immediata della violenza sessuale contro i civili, con effetto immediato".

Abbiamo chiesto a Enisa Bukvic, operatrice internazionale e autrice per Infinito edizioni del libro “Il nostro viaggio. Identità multiculturale in Bosnia Erzegovina” (maggio 2008, pagine 160, euro 13,00), che cosa pensa della risoluzione e che cosa potrà cambiare?

E.B: Prima di tutto devo dire, essendo io bosniaca, di non ci credere molto nell’applicazione delle risoluzioni dell’Onu. Attraverso la risoluzione 819 le Nazioni Unite avrebbero dovuto proteggere Srebrenica e altre quattro enclave in Bosnia, durante la guerra del 1992-1995, invece i caschi blu sono rimasti a guardare compiersi il genocidio… Non so se la risoluzione 1820 cambierà qualcosa in materia di stupro di guerra. Si sta ricominciando semplicemente a parlare del tema violenza sessuale, e forse lo si farà per qualche giorno, e poi… Io credo che il cambiamento vero dovrebbe avvenire dentro la coscienza umana, ma questo richiede un grande impegno e lavoro da parte di tutti. Si avverte il bisogno di questo cambiamento perché il rapporto tra uomo e donna non è paritario e la chiave di soluzione del problema sta dentro questo fenomeno. Oltre a una reale suddivisione del potere tra donna e uomo. Questo significa che anche l’Onu dovrebbe cambiare per poter essere efficace e credibile…

D. Pur salutando con soddisfazione l'approvazione della risoluzione, quel che più colpisce è che sia stata approvata anni dopo che sono stati perpetrati crimini sessuali terribili contro le donne in Paesi o regioni come la Bosnia Erzegovina, il Kosovo, il Sudan, il Ruanda e così via. Come spiega questo ritardo e perché è stato necessario aspettare un'iniziativa statunitense - lo stupro etnico contro le donne bosniache è stato compiuto in Europa, in definitiva - per approvare una risoluzione?

E.B.: L’Onu ha un apparato burocratico che rallenta tutti i lavori e le iniziative e proprio per questo motivo non è efficace. Il fatto poi che la risoluzione nasca da un’iniziativa statunitense non mi sorprende. Anche durante la guerra nella ex Jugoslavia l’Europa ha fatto poco… L’Europa unita non funziona ancora. Ma questo lo vediamo tutti i giorni… L’Europa è soltanto una unione economica, per ora. Nulla di più.

D. Lei ha lavorato molto sulla questione dello stupro etnico. Che idea se ne è fatta? Lo stupro che effetti ha sulle vittime?

E.B.: Condurre giovani donne, ragazze e bambine nei lager, costringendole a sottoporsi a sfoghi collettivi della soldataglia; e costringere coloro che, tra le stuprate, rimanevano incinte a continuare a subire angherie e violenze fino ai 5-6 mesi di gravidanza, non è soltanto una violenza sessuale. È molto di peggio e di più. Ovviamente, in Bosnia Erzegovina lo stupro è stato pensato e usato come un’arma di guerra in una lucida, precisa strategia militare di un progetto al quale hanno preso parte psicologi e psichiatri dalle menti squilibrate. Il tema delle donne bosniache mi sta a cuore. Non posso non ricordare il genocidio di Srebrenica dove in pochi giorni, dall’11 al 19 luglio 1995, i cetnici hanno sterminato almeno 10.000 uomini musulmani. Cerco sempre di ricordarmi del dolore di queste donne: madri, mogli, figlie e sorelle. Durante il genocidio di Srebrenica una parte delle donne più giovani ha subito lo stupro. In ogni caso, tutte loro e le future generazioni sono state colpite poiché le donne sono rimaste sole con il loro dolore per la perdita dei propri cari: figli, mariti, padri, fratelli… Questo significa che dolore e traumi non permetteranno più loro di provare amore e di trasmetterlo alle future generazioni. A queste ultime sarà trasmesso “un bagaglio di dolore”. Anche questo è un crimine contro i vivi, oltre che contro i morti. Oggi, riflettendo sullo stupro contro le donne bosniache mi rendo conto di quanto poco sia stato fatto per venire incontro alle loro esigenze, sia all’estero sia nella stessa Bosnia Erzegovina.

D. Crede che la minaccia di interventi repressivi contro i responsabili dello stupro di guerra e la loro denuncia al Tribunale penale internazionale (Cpi) dell'Aja possa avere realmente una funzione preventiva? In definitiva, in Bosnia lo stupro etnico è stato perpetrato sistematicamente ma i responsabili sia politici sia materiali sono ancora oggi in larga parte a piede libero...

E.B.: Già nella domanda trovo una parte della mia risposta: i principali responsabili del genocidio bosniaco, Radovan Karadzic e Ratko Mladic, sono ancora liberi. Di quali interventi repressivi contro i responsabili dello stupro di guerra parliamo, allora, se abbiamo davanti agli occhi l’esempio della Bosnia Erzegovina?

D. Quali responsabilità hanno avuto secondo lei fin qui i governi e gli eserciti nell'uso e nella mancata condanna dello stupro come arma di guerra?

E.B.: Non c’è stata una responsabilità particolare da parte dei governi e degli eserciti…non esclusiva, almeno. Basti pensare che anche alcuni caschi blu dell’Onu sono stati stupratori… Questo la dice lunga, non è vero?